Il fatto
11.05.2025 - 07:30
Un’infiltrazione non solo profonda, ma sistemica. Non semplicemente una presenza, ma una vera e propria “occupazione” della macchina amministrativa da parte della criminalità organizzata. Questa la sintesi della durissima relazione redatta dalla Prefettura di Latina guidata da Vittoria Ciaramella a seguito dell’attività della Commissione d’accesso inviata nel Comune di Aprilia dopo l’operazione antimafia "Assedio". Una relazione che ha portato allo scioglimento del Consiglio comunale e alla nomina di una commissione straordinaria per riportare legalità e trasparenza nella gestione della seconda città più popolosa della provincia di Latina.
L'inchiesta Assedio e l'arresto del sindaco
Tutto ha avuto inizio con l’operazione Assedio, condotta nel luglio 2024 dalla Direzione Investigativa Antimafia di Roma e dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina, che ha portato all'arresto di 25 persone, tra cui il sindaco di Aprilia Lanfranco Principi e ha messo sotto indagine due consiglieri comunali quali l’ex sindaco Antonio Terra e la ex assessore ai Lavori pubblici Luana Caporaso. Indagato anche un dirigente comunale, Paolo Terribili. Le ipotesi investigative di quella inchiesta sono pesanti e si ipotizza la presenza delle infiltrazioni di un clan mafioso autoctono sull’ente comunale. Clan guidato dal super latitante Patrizio Forniti. Tra arrestati e indagati ci sono anche numerosi imprenditori. Il quadro era già abbastanza compromesso da giustificare un'ispezione ministeriale: il 14 agosto 2024 la Prefettura ha quindi avviato l’accesso agli atti, prorogato poi di altri tre mesi.
Una continuità preoccupante tra le amministrazioni
La relazione della Prefettura ha messo in luce una continuità definita «preoccupante» tra l’amministrazione sciolta e quella precedente (2018-2023). Il sindaco arrestato, Lafranco Principi, aveva già ricoperto il ruolo di vicesindaco e assessore, mentre i consiglieri coinvolti, Terra e Caporaso, avevano ruoli di spicco anche nella precedente consiliatura. Una continuità che ha permesso al sodalizio criminale radicato ad Aprilia di estendere e rafforzare la propria influenza all’interno degli uffici comunali, secondo la relazione.
L’occupazione della macchina comunale
La commissione d’accesso era composta dalla vicaria del prefetto Monica Perna, dalla viceprefetta Daniela Abbondandolo e dal dirigente superiore della polizia di Stato Luca Vattani, e supportata dal tenente colonnello dei carabinieri Antonio De Lise, attuale comandante del Nucleo investigativo di Latina, e dal sottotenente Leopoldo Festa della guardia di finanza di Aprilia. Dalle risultanze della commissionee dalla relazione del prefetto Vittoria Ciaramella, il clan mafioso attivo ad Aprilia non si è limitato a infiltrarsi nella pubblica amministrazione, ma l’ha letteralmente “occupata”, scegliendo candidati, indirizzando appalti, pilotando procedure, insediando propri uomini di fiducia nei gangli nevralgici del potere amministrativo. La Commissione ha documentato come la criminalità organizzata sia riuscita a influenzare scelte urbanistiche, ottenere autorizzazioni e assegnazioni pubbliche, eludere controlli e utilizzare la cosa pubblica per propri fini, anche grazie alla complicità o all'omissione di dipendenti e amministratori.
Liste elettorali inquinate e patto politico-mafioso
Nel 2023, durante le elezioni amministrative, in una delle liste collegate al sindaco erano presenti persone direttamente o indirettamente legate al sodalizio criminale. Non si trattava di semplici simpatizzanti, ma di parenti stretti di uno dei promotori del clan, coinvolti attivamente nella campagna elettorale. «Il rapporto tra mafia e politica non era quindi episodico, ma strutturato e basato su un do ut des: voti in cambio di favori pubblici, appalti, semplificazioni amministrative» si evince dalla relazione.
Gli appalti pilotati e la “zona grigia” dell’economia
Un capitolo centrale della relazione riguarda la gestione degli appalti pubblici. La Commissione ha evidenziato un ricorso sistematico agli affidamenti diretti, spesso a favore delle stesse imprese legate ai sodali del clan. In molti casi mancava l’inserimento dei contratti nella banca dati ANAC, rendendo impossibile qualsiasi forma di controllo e vigilanza. Una prassi consolidata che ha permesso di aggirare le regole e canalizzare milioni di euro verso imprese compiacenti. Eclatante il caso di una media struttura di vendita autorizzata senza adeguata variante urbanistica, su un terreno destinato a scuola elementare, per favorire imprenditori vicini al clan. Altrettanto grave il caso di una fattura PNRR da oltre il 20% dell’importo complessivo liquidata direttamente ad una consorziata, in violazione della legge, grazie all'intervento personale del titolare, parente di un esponente del clan, si legge sempre nella relazione.
Il servizio di trasporto e la gara cucita su misura
Un altro esempio riguarda l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale, già ampiamente presente nelle carte di Assedio. Una società avrebbe avuto accesso anticipato ai contenuti del bando di gara e sarebbe stata favorita attraverso pressioni esercitate da politici locali sulla commissione giudicatrice. Il segretario verbalizzante ha poi ammesso di non essere stato presente alla fase finale dell'assegnazione. Il prefetto ha parlato di un «comune nel comune», modellato secondo gli interessi del sodalizio criminale.
Alloggi popolari, sport e gestione opaca
Nel settore dell’edilizia residenziale pubblica, sono emerse situazioni di morosità cronica e occupazioni abusive tollerate nel tempo, con soggetti vicini al clan che godevano di privilegi mai contestati. Gravi anche le anomalie nella gestione degli impianti sportivi: il bar della piscina comunale era gestito da un parente stretto di uno degli indagati nell’operazione Assedio, senza autorizzazioni sanitarie e in violazione del disciplinare, con il sostegno esplicito degli amministratori, che sollecitavano gli organi competenti a mantenere lo status quo.
Mancato utilizzo dei beni confiscati: occasione sprecata
Tra le criticità evidenziate c’è anche il mancato utilizzo dei beni confiscati alla mafia. L’amministrazione non ha partecipato alle conferenze di servizi convocate dall’Agenzia per i beni confiscati, lasciando inutilizzati immobili anche di pregio. Una scelta che, secondo la Prefettura, rappresenta non solo un danno materiale per la collettività, ma anche un colpo simbolico contro la lotta alla criminalità organizzata.
Evasione fiscale e disinteresse nella riscossione
La relazione evidenzia anche gravi inadempienze nella riscossione delle entrate comunali, con una gestione approssimativa e l’assenza di controlli. La Prefettura denuncia una tolleranza che ha contribuito a creare un clima di impunità, ben noto ai vertici politici e amministrativi.
Scioglimento e necessità di intervento straordinario
L'intero quadro disegnato dalla Commissione e validato dal Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica è quello di un'amministrazione gravemente compromessa, che ha subito e favorito l'influenza della criminalità. Il Ministero dell'Interno ha dunque ritenuto necessario procedere con lo scioglimento del Comune, con l'insediamento di una commissione straordinaria che guiderà il Comune per 18 mesi. La commissione è stata nominata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e sarà composta dal prefetto a riposo Vincenza Filippi, dal viceprefetto Enza Caporale e dalla dirigente Rita Guida.
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