Cerca

L'intervista

Materia Prima, «ogni nostro piatto è un’immersione nel territorio»

Sara Checchelani, sommelier e co-proprietaria del ristorante Materia Prima si racconta: l’emozione della Stella Michelin

Materia Prima, «ogni nostro piatto è un’immersione nel territorio»

Materia Prima oggi è più di un ristorante stellato: è un luogo dove la cucina incontra la narrazione, il vino diventa viaggio e ogni cliente è accolto in un’esperienza pensata per lasciare un segno. Una storia di passione, coraggio e radici, raccontata con eleganza e autenticità da Sara Checchelani.

Una stella Michelin è un traguardo importante. Cosa significa per voi questo riconoscimento?
«È un grande onore. La stella è uno dei riconoscimenti più ambiti da chi fa ristorazione e ama raccontarsi attraverso la propria cucina. La Michelin si rivolge ai viaggiatori, quindi significa che il nostro ristorante merita una sosta. Riconosce la qualità, l'identità e la costanza. Non era un obiettivo prestabilito: è arrivata in modo naturale, come riconoscimento del nostro racconto culinario».

Cosa c'è dietro l'esperienza che offrite a Materia Prima?
«C'è un’idea precisa, che parte dall'identità e dalla coerenza. Raccontiamo il nostro territorio, a partire dalla scelta delle materie prime, dei vini, dei materiali che arredano il locale. Ogni dettaglio è pensato per trasmettere la nostra filosofia e offrire un'esperienza a 360 gradi. Non è solo un pasto, è un'immersione nei nostri valori, nella nostra storia, nelle nostre emozioni. Crediamo che anche l'atmosfera, l’accoglienza e il servizio siano parte integrante del nostro racconto».

Il vino è una componente centrale della vostra proposta. Come nasce l'abbinamento piatto-vino?
«Nasce sempre dopo il piatto. Una volta che il team approva una creazione dello chef, inizio a pensare all'abbinamento. Cerchiamo sempre di valorizzare i sapori, a volte li proseguiamo, a volte li bilanciamo o li rivoluzioniamo per creare un'esperienza diversa. Non sempre è vino: a volte anche un altro tipo di bevanda può sorprendere. L’abbinamento è una chiave narrativa e non solo tecnica: può evocare ricordi o aprire nuovi mondi sensoriali. L’importante è che accompagni e non sovrasti, che dialoghi con il piatto».

Offrite percorsi degustazione: perché questa scelta?
«Perché permette di vivere appieno l’esperienza. Abbiamo tre menù degustazione: danno al cliente la possibilità di lasciarsi guidare, di staccare la spina e godersi un viaggio sensoriale. Il tempo si ferma, i sensi si accendono e si crea un ricordo. Ogni menù è un percorso costruito con cura, e ogni piatto si inserisce in una narrazione coerente, che accompagna l’ospite dall’inizio alla fine. È come un racconto a più capitoli, dove ogni passaggio ha un suo significato e una sua funzione».

Ogni piatto è quindi un racconto?
«Assolutamente sì. Può evocare un ricordo o creare un’emozione del tutto nuova. Ogni piatto deve lasciare un segno. E ogni cliente, uscendo da Materia Prima, deve portarsi via qualcosa. Spesso i clienti ci raccontano le loro emozioni, e a volte sono ricordi d’infanzia, sapori dimenticati che tornano a galla. È la magia della cucina: può commuovere, far sorridere, sorprendere. Ed è quello che ci spinge ogni giorno a dare il massimo».

Come nasce la passione di Sara Checchelani per il vino?
«Per caso. Ho studiato economia, ma un'esperienza in un ristorante della zona mi ha cambiato la prospettiva. Da lì ho deciso, con coraggio, di intraprendere questa strada. Ho iniziato un corso da sommelier senza mai aver bevuto vino prima! Si è aperto un mondo: produttori, territori, cultura. Il vino fa viaggiare anche da fermi. Oggi consiglio a tutti questa formazione, anche solo per bere con più consapevolezza. Il vino non è solo un prodotto: è una storia, è il frutto del lavoro di tante persone, è identità territoriale. Saperlo leggere e raccontare è un atto di rispetto».

C’è difficoltà nel reperire personale?
«Sì, è una realtà che viviamo anche noi, soprattutto in sala. In cucina abbiamo più richieste, grazie anche alla visibilità data dalla stella. Con le scuole e gli stage riusciamo a coinvolgere tanti giovani. In sala è più difficile: serve passione, dedizione, voglia di imparare. Per fortuna oggi abbiamo due ragazzi eccezionali e con loro c'è uno scambio continuo. Il lavoro di sala è cambiato molto: non si tratta più solo di servire, ma di accompagnare l’ospite, di raccontare un percorso. Serve empatia, cultura del vino, conoscenza dei piatti. Ma quando si entra in sintonia con i clienti, è davvero gratificante».

Le nuove norme su alcol e guida hanno influito sulla vostra proposta?
«In parte sì. C'è più attenzione, ma anche più consapevolezza. I clienti magari bevono meno, ma scelgono con più cura. Per noi è l'occasione per raccontare meglio i vini e proporre abbinamenti di qualità. Sappiamo che le regole sono importanti, ma non devono impedire di godere di un buon calice in sicurezza. Inoltre, per chi lo desidera, proponiamo anche abbinamenti analcolici studiati con la stessa cura. L’obiettivo è sempre offrire un’esperienza completa».

Che ruolo hanno i social media nella vostra attività?
«Fondamentale. Siamo in provincia, e la visibilità è essenziale. I social sono la nostra vetrina, ma anche un modo per raccontarci senza filtri: pubblichiamo immagini, video, backstage, momenti reali della nostra attività. Come quella volta che è andata via la corrente e abbiamo lavorato al buio. Raccontare anche questi momenti ci rende più autentici. Usiamo i social non per costruire un’immagine patinata, ma per mostrare chi siamo davvero: persone che lavorano con passione, tra mille sfide quotidiane. La trasparenza è la nostra forza».

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione