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Il fatto

Imprenditore nel mirino tra minacce e attentati: ecco chi sono gli indagati

Dalla Banda della Magliana alla mafia catanese: una rete criminale per costringerlo a cedere case e denaro. Coinvolti anche ex agenti e nomi noti delle inchieste su Aprilia

Operazione “Assedio”, imprenditore nel mirino tra minacce e attentati: nove misure cautelari

Una rete criminale con ramificazioni tra Roma e la Sicilia, unita da un obiettivo comune: costringere un imprenditore edile a cedere immobili e denaro sotto la minaccia di violenze. È quanto emerso da un nuovo sviluppo dell’operazione “Assedio”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, che ha portato a un’ordinanza cautelare nei confronti di nove soggetti.

Al centro dell’inchiesta c’è Emanuele Rossi, titolare della società Rossi Costruzioni Edili Srl, finito nel mirino di due gruppi criminali: uno legato alla criminalità romana, con esponenti riconducibili alla Banda della Magliana, e l’altro con agganci alla mafia siciliana, in particolare all’area catanese.

Su disposizione della DDA, la Direzione Investigativa Antimafia ha dato esecuzione a misure cautelari nei confronti di:
• Francesco Mario Dimino, 58 anni
• Gaetano Mirabella, 74 anni
• Luigi Montegrande, 65 anni
• Bruno Rea, 86 anni (agli arresti domiciliari)
• Roberto Fiorini, 63 anni, di Alatri,
• Antonio Nicoletti, 62 anni, detto “Tony”, figlio di Enrico Nicoletti, storico cassiere della Banda della Magliana (già condannato in altro filone dell’inchiesta “Assedio”)
• Pasquale Lombardi, 69 anni, originario di Sezze,
• Valter Valle, 60 anni, (agli arresti domiciliari)
• Nicola Diana, 66 anni, di San Cipriano d’Aversa (obbligo di firma)

Secondo le accuse, i soggetti avrebbero agito per costringere l’imprenditore a cedere tre appartamenti a prezzi inferiori al valore di mercato (circa 300mila euro) in un complesso immobiliare in via del Mare a Pomezia. A ciò si aggiungerebbe l’imposizione di due sponsorizzazioni: una da 30mila euro all’ASD Unifortitudo Basket Pomezia e una da 70mila euro all’Unipomezia Calcio a Cinque.

L’inchiesta prende le mosse da un contratto immobiliare del 2016 tra Rossi e Bruno Rea, insieme al defunto Ezio Pascucci. A seguito di un contenzioso legale per il mancato pagamento, Rea avrebbe rivolto all’imprenditore minacce gravissime, arrivando a evocare la morte dei figli e della moglie. Nel 2019, un attentato a colpi d’arma da fuoco danneggia il cantiere: un chiaro avvertimento.

Tra il 2018 e il 2021, si inseriscono nella vicenda anche Mirabella, Montegrande, Fiorini e Dimino, determinati – secondo gli inquirenti – a recuperare un presunto investimento da 600mila euro fatto in precedenza da Pascucci. Le minacce si moltiplicano: Fiorini si presenta come ex affiliato a gruppi criminali storici e con condanne pesanti, mentre Mirabella viene indicato come già organico a Cosa Nostra, legato al clan “Santapaola-Ercolano” di Catania.

Fondamentale il ruolo di Pasquale Lombardi, già coinvolto nell’indagine “Equilibri” che colpì il clan Fragalà, e di Tony Nicoletti, garanti – a detta loro – della “protezione” dell’imprenditore. Persino Valter Valle, ex agente oggi alla guida di una società di vigilanza, avrebbe sollecitato Rossi a cedere alle richieste e ad accettare le sponsorizzazioni, “molto care” a Nicoletti.
A rafforzare il quadro probatorio sono state le stesse denunce dell’imprenditore, affiancate da gravi elementi raccolti dalla DIA nel corso di indagini partite nel 2018 e collegate direttamente al filone che ha portato allo scioglimento del Comune di Aprilia.
L’inchiesta svela così un disegno unitario tra due strutture criminali distinte ma convergenti, che hanno cercato di piegare un imprenditore alle loro logiche di sopraffazione, sfruttando la paura e la violenza come moneta di scambio. I reati ipotizzati spaziano dall’estorsione aggravata al danneggiamento, fino all’intestazione fittizia di beni. Le indagini proseguono.

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