Nel periodo in cui era sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari e poi, in seguito all’evasione, mentre era formalmente latitante, Ismail El Ghayesh continuava a intimorire la vittima degli atti persecutori per i quali era indagato, inviandole messaggi di testo e brevi video tramite le chat delle comuni applicazioni per smartphone.
Per questa ragione gli investigatori della Polizia, che lo hanno arrestato mercoledì mattina dopo due mesi di ricerche serrate al termine di un rocambolesco inseguimento, lo ritenevano un soggetto pericoloso e il giudice per le indagini preliminari, allo stesso modo, aveva disposto l’aggravamento della misura cautelare in carcere, motivata naturalmente anche dalla latitanza in seguito al suo allontanamento dall’abitazione in provincia di Frosinone scelta per ottenere gli arresti domiciliari garantendo la distanza dalla parte offesa.
Finito in carcere in esecuzione dell’ordine emesso dal giudice, il gommista latinense di 28 anni, assistito dall’avvocato Moreno Gullì, dovrà affrontare oggi l’interrogatorio di convalida per i reati di evasione e resistenza che gli sono valsi un ulteriore arresto. Ma nel frattempo, nel periodo in cui era irreperibile, il giudice per le indagini preliminari Laura Morselli ha disposto per Ismail El Ghayesh il giudizio immediato, accettando la richiesta formulata dal pubblico ministero, la sostituto procuratore Martina Taglione, alla luce di un quadro indiziario solido.
Parallelamente all’inchiesta per gli atti persecutori, i poliziotti della Squadra Mobile avevano dovuto avviare un’indagine per interrompere la latitanza dell’allora indagato, anche e soprattutto perché era concreto il pericolo che il giovane potesse cercare di avvicinare la parte offesa, assistita dall’avvocatessa Daniela Fiore.
Dopo tutto il gommista non aveva mai smesso di inviare messaggi chiaramente intimidatori alla vittima. In un primo momento gli investigatori della Questura avevano sospettato che fosse scappato all’esterno, un’ipotesi concreta, sostenuta all’intenzione del fuggitivo di alimentare volontariamente l’idea che intendesse semplicemente sottrarsi alla giustizia italiana. Tra l’altro in passato era già stato in una nazione europea in cerca di lavoro, quindi non era difficile immaginare che avesse coltivato dei contatti in questi anni.
Fatto sta che attraverso l’invio di messaggi e video aveva svelato involontariamente i suoi movimenti alla vittima e di conseguenza ai poliziotti che di volta in volta avevano acquisito i contenuti delle minacce. Infatti proprio di recente, nei giorni che hanno preceduto la cattura, nei filmati ricevuti dalla parte offesa si scorgevano luoghi che lasciavano presupporre il suo ritorno a Latina, di fatto alimentando il pericolo. Tra l’altro il tenore dei messaggi non lasciava presagire nulla di buono, perché il ventottenne a più riprese aveva avvertito la vittima con frasi come «Guardati le spalle» oppure «Stai attenta», non solo tramite testi, ma appunto con video che avevano alimentato lo stato di soggezione iniziato con gli atti persecutori.
Insomma, proprio attraverso quelle chat gli investigatori avevano stretto il cerchio in cerca di una svolta nella caccia all’uomo che durava da oltre due mesi. Basti pensare che la latitanza era stata documentata da una serie di atti di irreperibilità trasmessi dalle forze di polizia e formalmente accertata dal giudice con decreto datato 16 maggio.