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Il caso

Carcere di Latina, un progetto dal passato

Nel 2005 l'idea di una cittadella penitenziaria. Poi non se n'è saputo più nulla

Carcere di Latina, un progetto dal passato
Nuovo carcere a Latina, un’idea che arriva da lontano: è datato 2005 il progetto dell’allora sindaco Vincenzo  Zaccheo. Oggi è ancora attuale? A Latina il dibattito sul nuovo carcere torna periodicamente a occupare le cronache politiche. Nelle scorse settimane è stato il senatore Nicola Calandrini (Fratelli d’Italia) a riportare il tema all’attenzione, sottolineando l’urgenza di dotare la città di una struttura penitenziaria moderna e adeguata. Ma la necessità di un nuovo istituto non è affatto una questione recente: risale ad almeno vent’anni fa, come dimostra una lettera datata 16 marzo 2005, inviata dall’allora sindaco Vincenzo Zaccheo al Ministro della Giustizia e ai vertici dell’Amministrazione penitenziaria.
 
In quel documento, il primo cittadino delineava le criticità del vecchio carcere di via Aspromonte, collocato nel pieno centro storico. Le motivazioni principali per il trasferimento erano tre: il degrado dell’immobile, l’insufficiente capienza e la posizione in un’area urbanisticamente delicata, vicina  alle principali arterie cittadine. Una collocazione che – si leggeva nella lettera – comportava ricadute negative in termini di sicurezza, traffico e qualità della vita urbana. Zaccheo scriveva di avere ottenuto, in incontri istituzionali con rappresentanti del Governo, della Magistratura e delle Forze dell’Ordine, una piena condivisione sulla necessità di spostare la struttura. Il progetto prevedeva la realizzazione di un nuovo complesso detentivo capace di ospitare, su un’area compresa tra 15 e 20 ettari, fino a 400-450 detenuti, con servizi e residenze per agenti di polizia penitenziaria e personale civile. Una vera e propria cittadella penitenziaria, concepita per rispondere agli standard di sicurezza e vivibilità richiesti. Il Comune di Latina, si legge ancora nella missiva, aveva inserito l’iniziativa nel programma delle opere pubbliche e stava valutando, con il supporto di esperti, la possibilità di realizzarla attraverso strumenti di locazione finanziaria e project financing. L’obiettivo era quello di costruire un’operazione economica che vedesse la partecipazione dell’amministrazione comunale, di altri enti e di privati interessati, con un contributo significativo. La lettera si concludeva con la proposta di una conferenza di servizi per definire l’iter e coinvolgere tutte le istituzioni interessate. Un’impostazione che, almeno sulla carta, mostrava una visione organica e una concreta ipotesi di finanziamento.
 
A distanza di vent’anni nulla di tutto questo è stato fatto ma quelle parole in gran parte risultano ancora di grande attualità.  Le condizioni del carcere di Latina, più volte denunciate da sindacati e associazioni, restano critiche: sovraffollamento, carenze strutturali e logistiche, problemi di sicurezza. La posizione in pieno centro continua a sollevare perplessità, tanto che la proposta di una nuova sede torna ciclicamente nell’agenda politica, senza però trasformarsi in un cantiere reale. La domanda, quindi, è inevitabile: ha ancora senso ripartire dal progetto del 2005? Alcuni elementi potrebbero essere ripresi, come la logica della “cittadella penitenziaria” e la scelta di una zona decentrata, ben collegata alle principali vie di comunicazione. Ma vent’anni di cambiamenti urbanistici, demografici e normativi impongono una revisione complessiva: dall’adeguamento alle norme antisismiche e ambientali, fino alla valutazione delle nuove esigenze in termini di capienza e tipologia di detenuti. Il dibattito politico attuale dovrà chiarire se l’idea di Zaccheo possa essere aggiornata e rilanciata o se, al contrario, occorra immaginare un progetto del tutto nuovo.
Di certo, la storia dimostra che la questione del carcere a Latina è rimasta irrisolta troppo a lungo. E ogni anno che passa rischia di trasformare la necessità di un nuovo istituto in un’urgenza non più rinviabile.

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