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Il fatto

Federico come Alessia Calvani: "Un dolore che non muore mai"

Parla Simonetta Turrini, un pirata della strada nel 2012 le uccise la figlia

 Federico come Alessia Calvani: "Un dolore che  non muore mai"

Ieri Alessia Calvani avrebbe compiuto 28 anni. Era un’adolescente piena di sogni anche lei. Aveva festeggiato da pochi giorni 15 anni quando fu investita e uccisa da un’auto pirata. Era la sera del 2 settembre del 2012, attraversava la strada, era in via della Stazione a Latina Scalo insieme ad un’amica: sulle strisce.
Chi ha investito e ucciso Alessia non si era fermato ed era scappato. Era stato individuato e arrestato un anno dopo. Ha finito di scontare la pena.
«Come immagino Alessia adesso? Come una donna, chissà magari da chef su una nave da crociera», racconta la madre Simonetta Turrini. Alessia frequentava l’Istituto Alberghiero a Formia.
E’ morta come Federico Salvagni, 16 anni, travolto la notte di Ferragosto sulla strada che collega San Felice Circeo con Terracina da un’auto che non si è fermata ed è svanita nell’oscurità. Il conducente è stato arrestato poco dopo. Si chiama Gioacchino Sacco, da una settimana è in carcere. Anche la storia di Alessia Calvani aveva colpito e commosso l’Italia. «Sono passati 13 anni da quando mia figlia è morta, è una ferita che non si rimargina mai. Certo le distrazioni ci sono, la vita va avanti, io adesso sono anche nonna - ricorda - rimane sempre il fatto che Alessia non c’è più. Immagino mia figlia da adulta, magari avrebbe avuto dei figli, chissà». La signora Simonetta quando ha saputo la notizia del terribile incidente in cui è morto Federico ha rivissuto il suo dramma. «Ho pensato ai genitori e a quello che stanno vivendo, io - aggiunge - ci sono passata. Mi viene in mente questo ragazzo a terra non soccorso con l’auto che scappa via e non si ferma. Sì, ho rivissuto il dramma di Alessia e mi immedesimo nel padre e nella madre di Federico. Ci vuole tempo, è una ferita che resta - spiega - purtroppo ci si abitua a convivere con il dolore e solo chi prova il dolore conosce il suo significato. Al padre e alla madre di Federico e al fratello mando un grande abbraccio. Ci vuole tanta forza, loro devono andare avanti per il bene del figlio. Io mi sono aggrappata a mio figlio, è un motivo per andare avanti e sopravvivere. Chi mi dà questa forza? Forse è il mio carattere. Pensi che sia il conducente dell’auto che ha ucciso mia figlia che il complice non mi hanno mai chiesto perdono per quello che hanno fatto». La mente ritorna ai giorni terribili di quando chi era al volante della Mercedes Classe A e aveva travolto Alessia era scappato. L’inchiesta sembrava un rebus.
«Una sera ci siamo messi a citofonare a tutte le famiglie su via della Stazione per vedere se qualcuno avesse visto qualcosa ma niente. La sfortuna è stata che quella sera pioveva, la gente non era uscita e non era neanche in terrazzo».
Il conducente dell’auto Emanuele Fiorucci è stato condannato in via definitiva a sette anni e due mesi. «Per chi commette questi reati ci vogliono leggi più severe. E’ stato condannato a sette anni e due mesi e per me sono pochi. Alessia? L’ho sognata una volta sola appena era mancata, era una bambina e andava all’asilo e poi non l’ho più sognata».
Ieri era il suo compleanno. «Ogni volta che c’è questa ricorrenza, ogni 23 agosto, la ricordo andando al cimitero, compro i palloncini pensando a lei, mangiamo tutti insieme. Da mamma voglio fare gli auguri a mia figlia Alessia che avrebbe compiuto 28 anni».

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