La cattura
19.11.2025 - 08:30
Lo hanno preso. E’ finita il 14 novembre la latitanza del “gatto”, del “capo dei capi” di Aprilia. Venerdì infatti, la Gendarmeria Reale del Marocco ha rintracciato Patrizio Forniti e la moglie, Monica Montenero e li ha tratti in arresto in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei loro confronti dal Tribunale di Roma. La stessa ordinanza che nel luglio del 2024 sconquassò la città di Aprilia con 23 arresti tra cui l’allora sindaco Lanfranco Principi.
Era l’operazione “Assedio” che chiudeva anni di indagine coordinata dal Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Roma con l’ausilio del Reparto territoriale dei Carabinieri di Aprilia. Quel giorno però, Forniti e la moglie, che alcuni sodali chiamavano “mammasantissima”, non vennero trovati. Erano spariti. Non è chiaro se contestualmente ai blitz, o se qualche giorno prima. Quando gli investigatori entrarono nella sua abitazione trovarono anche un cunicolo che portava in aperta campagna che si pensa possa essere stato usato proprio per la fuga.
Quella mattina finirono in manette la figlia Yesenia e altri parenti acquisiti del presunto boss. Con loro imprenditori, sospetti spacciatori, e, come detto, anche il sindaco di Aprilia. Come sia riuscito ad arrivare in Marocco, Forniti, non è al momento dato saperlo. Come sia riuscito a sostenere la latitanza con la moglie, chi gli abbia fornito supporto materiale, magari per i trasporti, o economico anche sono elementi che gli inquirenti devono accertare. Al momento di certo c’è che una volta fermati e identificati, entrambi, avrebbero fornito alle autorità due documenti, due passaporti svizzeri contraffatti. Forse proprio con quelli sarebbero riusciti a lasciare non solo l’Italia, ma anche il continente europeo. Nel frattempo, come informa la stessa Dda, la Direzione Distrettuale Antimafia capitolina ha già avviato le procedure per l’estradizione della coppia. Le operazioni che hanno portato a questo importante doppio arresto, sono state supportate dal Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale, ambito progetto I-CAN, e dall’Esperto per la sicurezza in servizio presso l’Ambasciata d’Italia a Rabat, in quota alla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga.
Pericoloso
Patrizio Forniti era stato inserito nell’elenco dei “latitanti pericolosi”. Non è ritenuto semplicemente il capo del gruppo criminale che gestiva spaccio e attività illecite ad Aprilia, ma è ritenuto essere un soggetto con uno spessore criminale tale da permettergli di dialogare, da pari quanto meno, con le famiglie malavitose che insistono tra Roma e il litorale romano fino a Latina. Dalle intercettazioni emerge un capo duro, che non si tira indietro e che non disdegna l’uso della violenza, anzi, in alcuni casi si lamenta della “mano leggera” usata dai sodali per punire uno screzio insopportabile ai danni di un suo genero che si ripercuoterebbe come immagine su tutto il gruppo.
Non di meno sarebbe la moglie, capace, per punire proprio quello sgarro, di radunare alcuni soggetti e andare a dare una lezione all’autore, anche se legato a stretto giro ad un clan egemone del litorale, i Gallace.
A questa coppia poi sarebbe legato un altro soggetto piuttosto importante nel panorama criminale: Sergio Gangemi. Forniti deve rispondere - la sentenza non è ancora definitiva - del concorso proprio con Gangemi e il fratello di quest’ultimo, di una serie di intimidazioni culminate con l’esplosione di diversi colpi di fucile semiautomatico, contro l’abitazione, le abitazioni, di due imprenditori, di Aprilia e Torvajanica, a cui erano stati prestati dei soldi per tentare di salvare la loro azienda. Da quel momento le richieste avrebbero triplicato la somma concessa. Da qui bossoli lasciati davanti alle case, incontri con soggetti noti della criminalità calabrese per intimidirli, la pretesa di beni a garanzia, i primi colpi di pistola, poi quelli col fucile d’assalto, oltre ad almeno un ordigno esplosivo fatto deflagrare davanti ad una delle ville.
Bisognerà adesso attendere i tempi burocratici. Col Marocco esistono protocolli e trattati di estradizione ed assistenza giudiziaria tra il Governo italiano e il Governo del Regno del Marocco, ma incontrano spesso molti ostacoli.
A Latina lo si attende comunque visto che il processo a quel sodalizio di cui sarebbe il boss indiscusso è iniziato e riprenderà il 5 dicembre.
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