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Il caso

Carcere confermato per Sapurò, nel locale ha chiesto 1000 euro per la protezione

Minacce con metodo mafioso, Antonio Di Silvio ha detto ai poliziotti: non venite a Gionchetto che vi sparo, non sapete con chi avete a che fare, ora chiamo i miei familiari

Carcere confermato per Sapurò, nel locale ha chiesto 1000 euro per la protezione

Il giudice per le indagini preliminari Mara Mattioli ha confermato la custodia cautelare in carcere per Antonio Di Silvio detto Sapurò, latinense di 44 anni arrestato nella notte tra sabato e domenica insieme alla compagna Stefania B. di 53 anni, anche lei dietro le sbarre, per avere aggredito sia verbalmente che fisicamente i poliziotti intervenuti nel locale alle porte di Latina dove stava creando problemi, litigando con la donna. Gli atti dell’inchiesta, trasmessi dalla Procura di Latina alla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, riportano le gravi minacce pronunciate dall’indagato sia nei riguardi dei dipendenti del locale, che all’indirizzo degli uomini in divisa: un comportamento aggravato dal metodo mafioso, secondo gli inquirenti pontini. L’uomo è assistito dagli avvocati Fabrizio Mercuri e Massimo Frisetti, la compagna dall’avvocato Alessandro Farau.

Le pattuglie della Squadra Volante erano intervenute nel locale intorno alle 2:50 perché Antonio Di Silvio, litigando animatamente con la compagna, non ne voleva sapere di lasciare l’esercizio pubblico in fase di chiusura, anzi aveva inveito contro i lavoratori, rompendo alcuni bicchieri di vetro. Secondo quanto riferito da una dipendente, Sapurò avrebbe anche chiesto 1000 euro per concedere ai gestori del locale la protezione della propria famiglia.

Fatto sta che, all’arrivo delle pattuglie della Questura, la situazione era persino degenerata. Non solo Antonio Di Silvio non ne voleva sapere di calmarsi, ma aveva insultato e minacciato i poliziotti con frasi piuttosto inquietanti, le stesse che secondo i magistrati configurano l’aggravante del metodo mafioso oltre ai reati di violenza, minaccia resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale. «Che c…o ci fate qua - aveva urlato alla vista degli uomini in divisa - Sono Di Silvio Antonio, vi ammazzo uno per uno, se non lo faccio io lo faranno i miei parenti. Lo sapete bene chi sono, prendo la pistola e vi sparo in testa a voi e alle vostre famiglie».

Mentre i poliziotti ricostruivano l’accaduto e cercavano di calmare l’uomo, Sapurò ha colpito uno di loro al volto con la mano nella quale teneva il telefono, procurando all’operatore di polizia lesioni successivamente giudicate guaribili in 5 giorni dai medici del pronto soccorso. Bloccato e ammanettato, Antonio Di Silvio aveva continuato a inveire contro gli agenti anche dall’interno dell’auto pattuglia, pronunciando sempre gravi minacce. «Non venite a Gionchetto che vi sparo in bocca - hanno riportato i poliziotti negli atti dell’arresto - Non sapete con chi avete a che fare, adesso chiamo i miei familiari e vi faccio sparare uno a uno. Anzi, tanto ve riconosco, se ve becco in giro per Latina ve sparo in testa».

Il peso delle parole pronunciate da Antonio Di Silvio, deriva dal contesto familiare nel quale è inserito. Sebbene sia ritenuto ormai da tempo un personaggio di secondo piano, appartiene comunque a una famiglia influente dei Di Silvio. È fratello di Costantino Patatone, tuttora detenuto per l’omicidio di Fabio Buonamano del 2010, figli di Ferdinando detto “il bello” ucciso con una carica esplosiva piazzata nella sua auto al lido di Latina nel luglio del 2003. Tra l’altro Sapurò è nipote di Giuseppe detto Romolo, detenuto per lo stesso motivo di suo fratello, ma soprattutto è ritenuto il capo carismatico della loro famiglia, egemone proprio nel quartiere Gionchetto, finita al centro delle inchieste Movida e Scarface: la prima ha documentato il metodo mafioso nelle estorsioni, il secondo si è rivelata un fallimento nel processo di primo grado, perché non ha retto l’ipotesi accusatoria dell’organizzazione mafiosa dedita agli affari con la droga.

Tra l’altro Sapurò tuttora ha una disabilità che deriva dal ferimento durante una sparatoria consumata 19 anni fa davanti a una discoteca di Latina, quando si presentò armato di pistola di provenienza illecita per vendicarsi perché non era stato fatto entrare nel locale ed esplose tre colpi. Rispose al fuoco un carabiniere libero dal servizio che lo colpì all’addome con un colpo. Per quei fatti, era i 22 gennaio 2006, Antonio Di Silvio fu arrestato per tentato omicidio.

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