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Il fatto

Sparatoria e minacce, condannati

Un anno e quattro mesi con rito abbreviato sia al pentito Johnny Lauretti che al pusher Alberto Di Vito

Sparatoria e minacce, condannati

Un anno e quattro mesi a testa col rito abbreviato. Questa la condanna emessa ieri dal Collegio Penale del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, nei confronti del 45enne Johnny Lauretti e del 28enne Alberto Di Vito nel processo che, di fatto, era uno stralcio della vasta indagine denominata Jars che ha interrotto la strategia della tensione in atto a Fondi e destrutturato gli affari criminali, estesi in tutto il basso Lazio, del gruppo emergente dei Del Vecchio e predominante rispetto a quello riconducibile ai Ferri-Pannone. 

La sentenza di ieri vedeva Lauretti, detto “Cavallo Pazzo” e diventato collaboratore di giustizia, e il pusher Di Vito, originario di Napoli ma fondano a tutti gli effetti, alla sbarra per fatti che riguardavano una parte della guerra per lo spaccio e in particolare quello che è avvenuto il 22 ottobre 2020, nelle campagne di San Magno, per regolare i conti con il gruppo contrapposto per il traffico di droga. Il reato contestato era quello di minacce per i colpi di arma da fuoco durante la guerra contro il gruppo Ferri. Sia Lauretti, al quale sono state concesse le attenuanti generiche, che Di Vito, assistito dagli avvocati Oreste Palmieri e Maurizio Forte, hanno presenziato all’udienza collegati dal carcere.

Entrambi erano accusati in concorso di minacce, di aver detenuto e importato armi da sparo, in particolare tre pistole e un mitra, ed esploso colpi nel contesto della guerra per il predominio dello spaccio nell’area della Piana. L’accusa aveva chiesto la pena di 1 anno per Lauretti e di 2 anni e 6 mesi per Di Vito. Il magistrato inquirente aveva ricostruito i fatti risalenti a cinque anni fa sulla scorta delle dichiarazioni rilasciate dallo stesso Lauretti e da altri pentiti. «Conosco Di Vito da una decina di anni e io ero il suo fornitore di droga. Gli procuravo anche armi», aveva dichiarato “Cavallo Pazzo” al pm prima di scendere nel dettaglio di quello che accadde il 22 ottobre 2020: «Di Vito era scappato da una imboscata e allora prendemmo la macchina a sistema, che aveva il doppio fondo per armi e droga, e in quattro ci recammo nella proprietà dei suoceri di Alessio Ferri e cominciammo a sparare. Qualche sventagliata di mitra. Alla fine si sono dileguati».

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