Il fatto
21.12.2025 - 07:30
Sono due le accuse che trattengono in carcere Patrizio Forniti, il presunto “capo dei Capi”, boss della criminalità organizzata ad Aprilia, arrestato insieme alla moglie Monica Montenero, a Casablanca dalla Gendarmeria reale del Marocco.
La prima è quella di possedere e aver mostrato alle forze dell’ordine, un documento falso. Al momento del fermo infatti, la coppia di latitanti, sfuggita alla cattura nel luglio del 2024 quando i Carabinieri e la Dia di Roma diedero il via ad una maxi operazione per eseguire 25 ordinanze di custodia che portarono in carcere e ai domiciliari imprenditori, spacciatori, criminali, e il sindaco di Aprilia, aveva presentato ai militari due passaporti svizzeri che sono risultati essere stati contraffatti.
Forniti e Montenero, il giorno del blitz che ha sconquassato Aprilia e ha portato poi alle dimissioni di consiglieri e assessori e allo scioglimento del comune per infiltrazioni della criminalità organizzata, erano spariti. Fortissimo il sospetto che siano stati allertati, informati. Che il gruppo apriliano godesse dei favori di qualche ex appartenente all’Arma è infatti emerso piuttosto chiaramente dalle indagini e questo potrebbe aver salvato, inizialmente, la coppia dalle manette.
Manette che però sono scattate in Marocco. E proprio quando si sarebbe visto alle strette, con la Gendarmeria pronta a portarlo in carcere, Forniti avrebbe offerto soldi agli operanti. Da qui l’accusa di tentata corruzione.
Se fosse riuscito nel suo intento, il presunto boss e la moglie sarebbero molto probabilmente spariti di nuovo. Sì perché è forte il sospetto che la coppia fosse in procinto anche di lasciare il Marocco, magari per passare in un altro Stato africano in cui i contatti sarebbero piuttosto forti. Difficile ipotizzare un loro trasferimento oltre oceano, in Sud America. Ed è molto probabile che l’accelerata e l’arresto possano essere maturati proprio a seguito dei piani di partenza della coppia. Non è dato sapere che cifra Forniti abbia offerto ai militari, ma di certo dimostra come le disponibilità della coppia siano state sempre piuttosto ampie. La latitanza d’altronde costa cara, e si deve aver a disposizione una certa somma in contanti che permetta di pagare e subito qualsivoglia servizio, da un’abitazione ad un mezzo di trasporto.
Deve quindi gioco-forza esserci una rete di fiancheggiatori, anche forse inseriti nei sistemi bancari o finanziari che garantisca un costante apporto di contanti. Proprio questa rete adesso gli organismi inquirenti internazionali stanno cercando di ricostruire, nell’attesa che si arrivi ad un perfezionamento del procedimento di estradizione che, però, alla luce delle accusa di cui la coppia deve rispondere in Marocco, potrebbe non arrivare così presto come si poteva auspicare. Nel frattempo i processi vano avanti. Uno è in pieno dibattimento a Latina, un altro nelle scorse ore è stato rinviato al 16 gennaio, ma si trova ancora nella fase davanti al Gup. La costola romana dell’inchiesta della Dda invece è già arrivata ad una serie di condanne.
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