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Il caso

Rivolta in carcere, il giudice: volevano il controllo totale

Oggi l'interrogatorio di Mauriello arrestato insieme a Mattia Spineli e Matteo Baldascini

Rivolta in carcere, il giudice: volevano il controllo totale

«Hanno manifestato totale indifferenza verso qualsiasi forma di controllo  e monito da parte delle autorità ed anzi la loro volontà era quella di  pretendere una sorte di totale impunità e un controllo assoluto nel carcere». E’ quello che mette in luce il giudice Mara Mattioli nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita nei giorni scorsi nei confronti di Mattia Spinelli, Matteo Baldascini e  Nico Mauriello, conosciuto come  «Spadino»,  considerato  uno degli uomini di fiducia dei gemelli Spinelli per lo spaccio di droga ai Palazzi Arlecchino, tra via Guido Rossa e via Bachelet a Latina. Proprio oggi Spadino sarà ascoltato dal gip. 

L’inchiesta della Procura di Latina ha focalizzato l’attenzione sulle tensioni e le rivolte nella casa circondariale di via Aspromonte e ha portato nei giorni scorsi all’esecuzione di tre misure restrittive  disposte dal gip.  Il 26enne è considerato uno dei promotori della rivolta scoppiata nel carcere di Latina lo scorso ottobre insieme agli altri due indagati, anche loro destinatari del provvedimento cautelare che era stato richiesto dal Procuratore Aggiunto Luigia Spinelli e dal pubblico ministero Valentina Giammaria.  

«Gli indagati hanno partecipato ad una rivolta mediante atti di violenza, minaccia e resistenza - è riportato nelle carte dell’inchiesta -  accompagnando  le azioni di battere con forza  contro cancelli e inferriate e accompagnando le azioni  con urla come forma di protesta».  Un agente era stato minacciato in questo caso da Matteo Baldascini e Mattia Spinelli: «Ti facciamo vedere noi chi siamo», avevano detto.  

Nei confronti di Mauriello viene contestato anche l’incendio, insieme agli altri indagati, della cella del carcere e il danneggiamento di  alcuni beni, tra cui tavoli, sgabelli e un televisore, lanciandoli all’esterno e impedendo in questo modo di somministrare una terapia farmacologica ad altri detenuti. L’importo complessivo dei beni distrutti è pari a 1480 euro e i fatti contestati sono avvenuti il 28 ottobre del 2025.  Secondo quanto è emerso la rivolta sarebbe scoppiata a seguito della decisione dell’amministrazione penitenziaria di non concedere l’apertura  delle celle durante le ore diurne, a quel punto diversi detenuti avrebbero iniziato a battere contro le inferriate e poi sarebbe iniziato il caos a partire dalla sezione 1.

La situazione sarebbe diventata ancora più esplosiva quando ai tre indagati era stato sequestrato uno specchietto  utilizzato  - secondo quanto è emerso - per spiare l’eventuale arrivo del personale della Polizia Penitenziaria. Sarebbe stata proprio questa la miccia che ha innescato la rivolta.  E’ una dinamica dei fatti che come sottolinea il giudice è cristallizzata oltre che dalle relazioni di servizio e dalle annotazioni del personale di Polizia Penitenziaria anche dalle immagini del sistema di videosorveglianza che hanno documentato i fatti e anche i danni. «Le condotte costituiscono - ha aggiunto il magistrato -  un vero e proprio modus operandi caratterizzato da atteggiamenti di violenza e sopraffazione».

Questa mattina l’interrogatorio di Mauriello davanti al giudice che ha firmato il provvedimento accogliendo la prospettazione della pubblica accusa. «L’attività illecita di cui si sono resi protagonisti i tre indagati - aveva messo in luce il giudice - non è episodica ma costituisce uno stile di vita finalizzato ad imporsi con violenza per affermare la propria fama criminale sia nei confronti degli agenti della Polizia Penitenziaria  che degli altri detenuti». Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Alessia Vita, Gaetano Marino, Massimo Frisetti, Davide e  Riccardo De Mauri. Nei giorni scorsi sia Baldascini che Spinelli si erano avvalsi della facoltà di non rispondere, rimanendo in silenzio davanti al gip.

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