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La sentenza

Ergastolo a Sodano per la strage di Cisterna, le motivazioni: "Una vendetta trasversale"

Sodano era stato condannato all'ergastolo. La Corte d'Assise: duplice omicidio ritorsivo per far soffrire la sua ex

Strage di Cisterna, Sodano condannato all'ergastolo

«Ha voluto lasciare un segno indelebile su Desirée, dopo questo omicidio è condannata non solo a soffrire per la tragica morte della madre e della sorella ma anche a ricordare che quelle due morti hanno avuto la loro origine nell’aberrante decisione di Sodano collegata alla sua scelta di lasciarlo. La natura spregevole e futile di questo omicidio deriva dalla sua riconducibilità ad una vendetta trasversale». E’ questo un passaggio delle motivazioni della sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Latina - presieduta dal giudice Gian Luca Soana, a latere il giudice Mario La Rosa e la giuria popolare - che lo scorso 29 settembre ha condannato all’ergastolo Christian Sodano, l’ex finanziere di 28 anni originario di Scauri, accusato dell’omicidio di Nicoletta Zomparelli e Renée Amato, madre e sorella della sua ex fidanzata che lo aveva lasciato.

Le due donne erano state uccise a colpi di pistola il pomeriggio del 13 febbraio del 2024 nella villetta di via dei Monti Lepini a Cisterna. Sodano aveva impugnato la pistola d’ordinanza. Per la Corte d’Assise l’omicidio non è stato premeditato ma sussistono i motivi abietti e futili. Nelle motivazioni di oltre 70 pagine i giudici ricostruiscono le indagini, il rapporto tra Christian e Desirée, l’esito delle perizie, il valore delle testimonianze, gli accertamenti.


«E’ una raccapricciante e inedita novità - osserva il giudice Soana che ha scritto le motivazioni - l’omicidio duplice ritorsivo per fare soffrire chi ha scelto di non voler proseguire un rapporto sentimentale». Sulla premeditazione non riconosciuta: «Emergono sicuramente elementi che possono fare ritenere la presenza della premeditazione - è scritto - data dalla circostanza che quando Sodano si è recato la sera del 12 febbraio nell’abitazione di Desirée Amato aveva programmato che qualora avesse confermato la sua volontà di interrompere il rapporto lui avrebbe proceduto agli omicidi. Gli elementi di sospetto non sono sufficienti per affermare con certezza che Sodano sia andato in quella casa con l’intenzione di uccidere i familiari di Desirée qualora avesse confermato la volontà di lasciarlo. Le minacce di novembre non possono far ritenere che da allora Sodano avesse programmato quel duplice omicidio». Sui motivi abietti e futili: «La condotta che ha portato Sodano a commettere il duplice omicidio della sorella e della madre di Desirée, subito dopo aver appreso in modo definitivo la volontà di interrompere la relazione, assume connotazioni di sproporzione e spregevolezza - osserva la Corte d’Assise - idonea a cagionare sentimenti di ripugnanza». Ed è qui che i giudici usano una parola «potere» riferendosi all’imputato: «Ha reagito in modo sproporzionato ed assurdo affermando in modo definitivo il proprio potere costringendo Desirée a pensare a lui per tutta la vita nonostante lo abbia lasciato». I giudici hanno ripercorso le dichiarazioni di Sodano quando era sottoposto all’esame e non solo: «Anche in sede di spontanee dichiarazioni ha dimostrato di non aver alcuna effettiva elaborazione di quanto avvenuto, senza mostrare alcun segno di ripensamento». Il collegio difensivo composto dagli avvocati Lucio Teson e Leonardo Palombi presenterà ricorso in Corte d’Assise d’ Appello avverso la sentenza.
Nel processo si erano costituite cinque parti civili: Desirée Amato, rappresentata dall’avvocato Chiara Fagiolo, Giuseppe Amato, marito di Nicoletta e padre di Desirée e Renée, rappresentato dall’avvocato Marco Fagiolo, il padre, il fratello e la sorella di Nicoletta, assistiti dagli avvocati Oreste e Giorgia Palmieri, il Comune di Cisterna rappresentato dall’avvocato Nicodemo Gentile e l’Associazione Insieme a Marianna rappresentata dall’avvocato Benedetta Manasseri. «Sodano ha agito con lucidità e freddezza», aggiungono i giudici. «Nel caso dei colpi di pistola inflitti a Renèe che era ancora in vita ha finito la sua missione in faccia ad una ragazza che aveva la vita davanti e alla quale Sodano non poteva imputare alcunchè se non di essere lo strumento per quella sua vendetta trasversale».
La Corte d’Assise aveva accolto la richiesta del carcere a vita formulata dai pm Marina Marra e Valerio De Luca. Era stata esclusa l’aggravante della premeditazione e riconosciuta quella dei futili motivi. 

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