Aveva l'abitudine di fare una passeggiata al mare la mattina presto, come fanno tante persone per iniziare bene la giornata. E lo ha fatto anche ieri. Alberto Liberti, 65 anni di Latina, un finanziere in pensione, è uscito dopo le cinque dalla sua abitazione nel quartiere Q4. Ha preso la macchina, una Mercedes Classe B, si è diretto verso il Lungomare, ha parcheggiato sul ciglio della strada. Poi più niente, il buio, come quello che si è trovato di fronte quando ha parcheggiato: a destra la duna, una panchina di marmo bianca e il mare mosso, a sinistra il Lago di Fogliano e il canale Foce del Duca. Quello che è accaduto dopo è ancora tutto da capire, resta un mistero. Ci sono alcune tracce di sangue, come quelle repertate in auto e che gli investigatori stanno cercando di interpretare e mettere insieme ad altri elementi utili.
Il corpo di Alberto è stato notato da un passante poco prima delle 8, era in acqua, forse da poco, vestito ancora in modo sportivo e comodo come quando si esce di casa per una passeggiata al mare: scarpe da ginnastica, una felpa, un paio di jeans. Il cadavere era sotto al ponte, trascinato probabilmente dalla corrente che ieri era molto forte causa del mare agitato. Sul sedile dell'auto un telefonino e qualche macchia di sangue che ha subito insospettito gli investigatori, sulla testa dell'uomo un'altra ferita che può essere compatibile con una caduta accidentale ma anche con un'aggressione. Il passante quando ha visto il corpo che affiorava dall'acqua, ha fermato una pattuglia dei carabinieri della Forestale che stava passando sul lungomare e a quel punto è scattato l'allarme. Il tratto di lungomare compreso tra Capo Portiere e Rio Martino è stato chiuso al traffico, gli agenti della Volante e della Mobile hanno controllato tutta la zona alla ricerca di qualche elemento per capire le modalità della morte di Alberto Liberti. Un uomo dalla vita normale - come ripetono gli inquirenti - una brava persona, senza ombre, sposato, padre di un figlio; nonostante la pensione si dedicava ad un piccolo impiego nella veste di collaboratore con uno studio medico. Efficiente, preciso, sensibile.
Quando sono arrivati i soccorritori l'ex finanziere era morto, probabilmente da poco; sul luogo del ritrovamento è arrivato il pubblico ministero Gregorio Capasso e il medico legale Cristina Setacci che ha eseguito un esame esterno sul corpo mentre oggi probabilmente sarà affidato l'incarico per l'autopsia che chiarirà le cause della morte. La polizia scientifica ha eseguito un accurato sopralluogo reso particolarmente difficile anche per le condizioni meteo, con un fortissimo vento che ha complicato le operazioni, gli investigatori hanno sequestrato l'auto su cui saranno eseguiti accertamenti e il telefono cellulare per dare le prime risposte a tanti perché.

Oggi l'autopsia
La prima indicazione sulle cause della morte di Alberto Liberti arriverà dall'esame autoptico che sarà conferito probabilmente oggi al medico legale Cristina Setacci.
In base ad un primo riscontro è stato accertato un quadro lesivo all'altezza della fronte e i quesiti a cui dovrà rispondere il medico legale riguarderanno prima di tutto la compatibilità con una caduta accidentale all'altezza del ponte oppure con dei colpi con un oggetto contundente.
L'attenzione degli investigatori si sta focalizzando sulle macchie di sangue rinvenute sul sedile del guidatore e poi su una piccola macchia che, invece, è stata riscontrata sulla panchina di marmo sul lato destro oltre che su un martello sul quale saranno eseguiti accertamenti per trovare eventuali impronte.
Non si esclude che Liberti abbia iniziato a perdere sangue in auto e poi sia finito all'altezza della panchina per cadere, infine, in acqua. La presenza del martello potrebbe lasciar propendere anche per una ferita in testa causata da una forte botta. Se si tratta di un gesto estremo le modalità sembrano essere alquanto singolari.
A quanto pare però sono stati trovati dei fazzoletti di carta con cui Alberto avrebbe cercato di tamponare le ferite.

Gli ultimi movimenti
La cronaca del fatto, stando alla ricostruzione parziale effettuata nell'immediatezza dalla polizia, ci racconta di una giornata iniziata secondo un codice routinario che Alberto Liberti osservava da tempo. Sveglia all'alba, il tempo di indossare una tuta e scarpe da cammino, forse un caffé per darsi un tono e poi via in auto verso il mare per la passeggiata mattutina. E anche ieri, come d'abitudine, Liberti si porta in prossimità della Foce del Duca, tra Capoportiere e Rio Martino, dove parcheggia l'auto prima di iniziare a camminare. Due le direzioni possibili: verso Rio Martino, poco meno di un chilometro e mezzo di strada, un percorso di quindici minuti a passo svelto; oppure verso Capoportiere, una distanza doppia, tre chilometri, per mezz'ora di cammino. Nell'uno o nell'altro caso, il tempo di percorrenza va raddoppiato, perché Liberti sarebbe comunque tornato indietro verso l'automobile.
Una ricostruzione che impone una domanda: se si va al mare per camminare, perché arrivare in auto fino alla Foce del Duca se poi bisogna tornare indietro? In genere si parcheggia a Caportiere, si arriva a piedi fin dove si vuole e poi si torna indietro. Ma è anche possibile che all'ex finanziere piacesse fare così. In ogni caso ieri mattina è accaduto qualcosa di diverso dal solito. Gli investigatori avrebbero appreso che Liberti, come buona parte delle persone della sua età, specialmente quelle in congedo lavorativo, cominciava ad accusare qualche sintomo di malessere psicologico, una lieve instabilità che comunque non poteva costituire motivo di grande preoccupazione, né per lui né per i suoi familiari.
Ma questo non può portare ad escludere che proprio ieri mattina, per ragioni imperscrutabili, l'uomo possa avere sentito il bisogno di farla finita. Sono decisioni che possono essere prese in un lampo, piuttosto che covate a lungo nel proprio intimo senza che altri possano sospettare o intuire. Ma volendo ipotizzare che Liberti si sia allontanato da casa ieri mattina con questa idea, potrebbe essere accaduto che una volta giunto a destinazione sia sceso dall'auto e si sia gettato oltre il parapetto di protezione del canale, finendo con la testa sul ciglio della sponda in calcestruzzo, molto aspra per via dei sassi che sporgono dal cemento ormai corroso. E davvero si può pensare di togliersi la vita gettandosi da un'altezza di soli quattro metri?