Segui il percorso dei soldi e capirai come vanno l'economia e il lavoro, specie per quelli che i lavoro non ce l'hanno più. E che aspettano oltre quattro mesi (se va bene) per avere l'indennità mensile di disoccupazione, un assegno pari al 75% della retribuzione che può essere percepito al massimo per due anni successivi al licenziamento. Se non fosse per le singole storie di donne e uomini che legano il loro reddito, e dunque la loro vita, a questa assicurazione sociale, che ha sostituito dal 2015 tutte le altre forme di sostegno al reddito, non sarebbe un brutto fenomeno quello dell'attesa estenuante che segue i licenziamenti. Centinaia di lavoratori dei servizio, del commercio, titolari di contratti a tempo vivono di Naspi. Che non è una parolaccia, bensì l'acronimo dell'assicurazione sociale che aiuta i lavoratori quando questi per qualche ragione escono dal ciclo produttivo.
Isabella, una di quelle che aspettano la Naspi, sa raccontare bene cosa succede quando uno studio medico ti licenzia perché diventerà uno studio associato e tre segretarie sono troppe: «Mi hanno comunicato il licenziamento a settembre, al rientro dalle ferie. Un mese dopo ero fuori. Niente liquidazione. Hanno detto che mi avrebbero pagato a rate ma non ne ho vista ancora nessuna. Nel frattempo mi sono iscritta nelle liste dei disoccupati dell'Ufficio provinciale del lavoro e ho presentato la domanda all'Inps per l'assegno Naspi. Erano i primi giorni di ottobre. Sto ancora aspettando. La pratica credo sia ferma. Come me ci sono centinaia di persone, le quali ovviamente non sanno di che vivere né come pagare l'affitto. Ho raggiunto il massimo dello scoperto sul conto corrente in banca. Praticamente ho finito i soldi, non ho ancora trovato un altro lavoro e posso dire che l'assegno Naspi non è un vero aiuto per quelli come me».
E' lungo il percorso di questi soldi. Ma ancora più lungo è quello per ottenere la liquidazione dall'azienda che ha licenziato. Dopo la messa in mora, se questa resta inevasa, segue il ricorso al giudice del lavoro, la sezione più carente di tutto il Tribunale di Latina, al punto che si stanno prendendo misure straordinarie per ridurre i tempi dei rinvii. Per ora comunque può succedere che la prima udienza porti subito ad un rinvio che può essere fissato a due anni, un termine persino successivo alla cessazione dell'assegno di indennità sociale. La condizione «parallela» dei lavoratori licenziati non è quasi mai oggetto di statistiche. Le proteste dei diretti interessati passano però da un comitato di controllo nominato presso l'Inps provinciale e quello di Latina ha più volte sollecitato il rispetto dei tempi stabiliti per legge nella erogazione della Naspi. Le norme stabiliscono che la risposta alla domanda di accesso alla Naspi deve arrivare entro i sessanta giorni successivi alla presentazione ma è un termine che può slittare per varie ragioni, come il sovraccarico delle domande. Lo stesso discorso vale per la fissazione delle udienze nei processi di lavoro. Due elementi che, messi insieme, forniscono un quadro perlomeno anomalo se non penalizzante di quello che accade ai lavoratori della provincia di Latina quando il lavoro finisce.