«Mia sorella non si è fatta questo... qualcuno senza cuore gli ha rubato la vita». Chiede giustizia Yamila, con appello disperato lanciato sulla sua pagina facebook poche ore dopo il ritrovamento senza vita del corpo di quella sorella tanto amata. Nonostante non ci siano ancora elementi inconfutabili per poter affermare se davvero di omicidio si sia trattato, la sorella di Ximena Garcia - la 32enne di origini argentine sparita il 22 gennaio dalla sua abitazione di Campoleone Lanuvio e rinvenuta cadavere sabato scorso sulle sponde del lago di Nemi – paventa l'atroce sospetto che dietro quella misteriosa morte possa nascondersi la mano di qualcuno. In attesa che la salma venga restituita ai famigliari per poter essere rimpatriata e sepolta nella sua terra, nel paesino di San Salvador di Jujuy, la famiglia organizzerà una messa, nel tentativo di recuperare la pace perduta dopo aver ricevuto la terribile notizia. «Non avrò pace – ammette però la sorella - finché non sarà fatta giustizia».
Sul corpo di Ximena, al momento del ritrovamento, non sembravano esserci tracce che lasciassero pensare a una morte violenta, forse nascoste anche dal grave stato di deterioramento del corpo, rimasto in acqua per molti giorni, forse dal momento della scomparsa. Preziose informazioni e una svolta nelle indagini, potrebbero derivare dall'autopsia. Il pubblico ministero Giuseppe Travaglini e il procuratore capo di Velletri, Francesco Prete, che coordinano le indagini, nomineranno oggi un collegio peritale per fare chiarezza su quella morte ancora avvolta nel mistero e non è escluso che avvisi di garanzia potrebbero essere recapitati – come da prassi – alle ultime persone che hanno visto Ximena viva.
Per ora i militari di Velletri, non hanno escluso alcuna ipotesi. Si indaga anche per omicidio e l'abitazione di Campoleone in cui Ximena e il marito Stefano S. vivevano insieme fino al 22 gennaio è stata posta sotto sequestro per precauzione nelle ore successive alla denuncia di scomparsa, così come le due auto in uso ai coniugi. Stefano, sposato da due anni con Ximena, giunta in Italia dopo aver completato il percorso per diventare donna, il 22 gennaio ha raccontato ai carabinieri di una lite furiosa esplosa per futili motivi la sera prima. Il giorno dopo, di ritorno dal lavoro, sua moglie non era in casa. Il 40enne, carrozziere di professione, ha giustificato i graffi sul viso notati nelle ore successivi alla scomparsa in ragione di quella lite. Sulla sua pagina facebook per un mese ha continuato a condividere appelli disperati per ritrovare la moglie, usando un profilo con foto oscurate da una coltre nera. Una stranezza, così come la scelta di sparire nel nulla per alcune ore, pochi giorni prima del ritrovamento del corpo di Ximena. Un comportamento che il 40enne, davanti ai carabinieri che più volte lo hanno ascoltato per ricostruire le ultime ore di vita della donna, ha giustificato con «un crollo emotivo».