Con una sentenza pronunciata nei giorni scorsi, il Tar del Lazio - sezione staccata di Latina, Sezione Prima - ha annullato i decreti di revoca delle misure di accoglienza adottati dalla Prefettura pontina e notificati mediante consegna brevi manu a cinque richiedenti asilo ospitati all'interno di un centro accoglienza di Maenza.

Nello specifico, i giudici amministrativi di Latina hanno sottolineato come sia mancata la comunicazione di avvio del procedimento di revoca adottato nei loro confronti, circostanza che avrebbe compromesso la validità del decreto.

Insomma, una questione formale, che non inciderebbe - a quanto sembra - sulla sostanza dei provvedimenti, adottati dal Prefetto «in ragione - si legge nelle carte - delle condotte violente tenute nei giorni 25 e 28 agosto 2017».

I cinque richiedenti asilo - tre cittadini della Costa D'Avorio, un cittadino del Togo e un cittadino del Burkina Faso -, tutti difesi dall'avvocato Alessandro Ferrara del foro di Roma, avevano contestato proprio l'omessa comunicazione di avvio del procedimento di revoca delle misure d'accoglienza nel centro di Maenza.

Nell'accogliere il ricorso, i giudici del Tar hanno sottolineato come «la giurisprudenza ha spiegato che il provvedimento di revoca» ai sensi delle normative in materia di accoglienza temporanea, «rivestendo un carattere eminentemente discrezionale e postulando pertanto una valutazione in concreto della singola fattispecie e della particolare situazione della persona interessata - si legge ancora nella sentenza -, deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento».

A stabilire questa fattispecie è stato il Tar della Liguria, che ha pronunciato una sentenza il 29 marzo del 2017, esprimendosi proprio su tale materia.

Tra l'altro, il ministero dell'Interno - Ufficio territoriale del Governo di Latina, difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, è stato anche condannato a pagare le spese del giudizio, quantificate in 1.500 euro oltre spese forfettarie, Iva e Cpa.

Chiaramente, non è escluso che possa essere promosso un ricorso al Consiglio di Stato.