Un abuso d'ufficio «insussistente», basato sull'erronea interpretazione delle norme e della «situazione di fatto». Queste le motivazioni con cui la Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza d'Appello pronunciata a carico di Armando Cusani e Gerardo De Vito relativa alla "rimozione" dell'ex comandante della polizia municipale. Un episodio costato al sindaco la sospensione bis da presidente della Provincia. A pronunciarsi, la sesta sezione penale che in questi giorni ha depositato le motivazioni. Anche il pubblico ministero Paolo Canevelli aveva concluso per l'annullamento senza rinvio perché «i fatti non costituiscono reato». A presentare ricorso per Cusani e De Vito, l'avvocato Corrado de Simone. I giudici hanno ritenuto i ricorsi fondati nel merito, perché alla base della vicenda processuale ci sarebbe «un equivoco di fondo». Responsabile della polizia municipale, infatti, era l'ex segretario comunale (nominato nel 2001) e non l'ex comandante poi licenziato (e reintegrato, anche se la sentenza d'Appello è stata di recente annullata con rinvio). La Cassazione rileva che, sebbene all'ex comandante fosse stato consentito di esercitare attribuzioni poi assunte dal responsabile del servizio nel momento in cui nacquero frizioni coi vertici comunali, creando così un «legittimo convincimento di essere stata esautorata dei propri poteri», «la linea di condotta tenuta dall'amministrazione non risulta in contrasto con il quadro normativo ricostruito in precedenza». Nessuna violazione dell'ordinamento di polizia locale. Anche alla luce di altre sentenze amministrative e dei giudici del lavoro, la Cassazione ha ritenuto «insussistenti gli elementi costitutivi degli abusi di ufficio contestati, fondati su un'erronea interpretazione delle norme e della situazione di fatto esaminata».
Cronaca
Comandante dei vigili rimosso: abuso d'ufficio "insussistente"
Sperlonga - Depositate le motivazioni della sentenza con cui la Cassazione ha annullato la condanna a carico di Armando Cusani: erronea interpretazione delle norme