Le rivelazioni più scottanti del pentito Renato Pugliese sono ancora top secret, ma le anticipazioni comparse tra le carte dell'inchiesta "Arpalo" ci riportano la disinvoltura con cui il trentunenne ha descritto i protagonisti dell'ultimo decennio di affari illeciti, di alleanze e scontri feroci. Decidendo di utilizzare, per la prima volta, le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia, gli inquirenti hanno avuto l'accortezza di risparmiare dagli omissis solo i contenuti dei verbali che riguardano il commercialista Pasquale Maietta e i suoi fedeli collaboratori, impiegati nella rete del maxiriciclaggio come nel Latina calcio. Tra le confessioni del figlio di Costantino "Cha Cha" Di Silvio iniziano però a trapelare i primi retroscena sulla sua ricostruzione della storia criminale di Latina.


Emerge così che in una circostanza, per risolvere una questione difficile, Pugliese aveva potuto approfittare dell'aiuto di Maietta con l'intercessione di Massimiliano Moro, ucciso poi nel gennaio del 2010, personaggio quest'ultimo con cui il pentito lascia intendere di avere avuto un legame forte. «Conobbi Moro quando avevo vent'anni, nell'estate del 2007 - esordisce Pugliese in uno degli interrogatori sostenuti tra la fine del 2016 e i primi mesi dell'anno scorso - A maggio avevano arrestato mio padre. Ricordo che lo conobbi in un locale enoteca, lui si avvicinò e mi disse che c'era stato un furto di barche e mi chiese, come figlio dì Cha Cha, se potevo aiutarlo». Con quel favore nasce la loro amicizia. «Da lì iniziò un rapporto - sono le parole utilizzate dal collaboratore - Ci vedevamo tutti i giorni alle sei» in un bar del centro.
Descrivendo Moro, il pentito rivela persino il suo coinvolgimento in uno dei fatti di sangue che infiammò gli anni duemila, rimanendo però un caso irrisolto. «Sapevo già che era quello che aveva fatto l'agguato a Riccardo Agostino» alludendo alla gambizzazione consumata a colpi di pistola, la sera del 10 agosto 2006, nel piazzale del centro commerciale l'Orologio di via Isonzo. La vittima di quell'agguato diventerà, tra l'altro, amico fidato di Pugliese, suo sodale negli ultimi anni.


Dalle sue dichiarazioni emerge che Pugliese beneficiò dell'aiuto di Moro per saldare un debito contratto con i Ciarelli. «Moro disse a Ciarelli che avrei pagato il debito, e che in caso di difficoltà avrebbe pagato lui per me. Il giorno dopo andammo da Pasquale Maietta Moro gli rappresentò del mio debito chiedendogli soldi». I particolari di quel fatto li riferisce nel corso di un altro interrogatorio: «Nel 2008 andammo da Maieita nell'ufficio di fronte al Park Hotel e Moro gli disse "quante volte ti ho aiutato per avere aiuto da Fonzie" intendendo mio padre. E quindi disse che doveva aiutare anche me che ne avevo bisogno. Ero in difficoltà per i debiti di gioco con Carmine Ciarelli». A dare materialmente i soldi, spiega Pugliese, fu Roberto Noce, amico di suo padre e collaboratore fidato dell'ex Deputato. «Mi diede circa 4.000 euro che mi servivano per pagare parte dei debiti con i Ciarelli di cui ho già parlato - si legge nel verbale - In quell'occasione intervenne Roberto Noce che si trovava già in ufficio e disse che ci avrebbe pensato lui». Descrivendo sempre Noce, dai racconti del pentito affiorano altri particolari inediti sulle dinamiche criminali del passato: «Moro gli ha bruciato due Range Rover dopo questo episodio, ma non so perché, probabilmente avrà chiesto qualche favore che non è stato fatto».
La vicenda con il clan di Pantanaccio fu risolta così: «Preciso che io avevo preso anche in prestito 15.000 euro da Ferdinando, quindi il problema non era solo con Pasquale, ma anche con Ferdinando. Moro mi disse di vendere la macchina. Poi andammo da Maietta e Moro mi fece dare i soldi da Roberto Noce. La vicenda si risolse dando l'auto a Carmine Ciarelli e con 13.000 euro in contanti. L'auto la fecero intestare a M.C.. Così estinsi il debito di 24.000 euro».


Girando attorno alla figura di Pasquale Maietta, il collaboratore di giustizia rivela anche un altro particolare sul legame che l'ex deputato aveva instaurato col padre, Costantino Cha Cha Di Silvio. «Una volta mi chiese di trovare una persona che aveva fatto delle minacce a casa sua citofonandogli, mi fece vedere il video delle telecamere e mi chiese di aiutarlo - ha spiegato appunto Pugliese parlando del commercialista - Lui prima di denunciare alle Forze dell'Ordine chiedeva a me e mio padre».
Si è aperto con i magistrati, Renato Pugliese, forse più di quanto si possa immaginare.