Hanno patteggiato due anni di reclusione e 1.600 euro di multa ciascuno i due imprenditori chiamati a rispondere dell'accusa di omicidio colposo per l'incidente avvenuto l'8 marzo 2017 in un'azienda agricola sulla Migliara 44, nel quale ha perso la vita Gianni Ceccato, 65 anni di Sabaudia.
Un incidente che - commentano dallo Studio 3A, società specializzata in valutazione delle responsabilità nei sinistri cui si sono rivolti i familiari della vittima - si poteva evitare rispettando le norme.
Il 65enne, come ricostruito a seguito dei vari sopralluoghi effettuati dopo l'incidente, era stato chiamato per dei lavori di riparazione e di impermeabilizzazione della copertura di un fabbricato rurale adibito a stalla. Attorno alle 9 e 30, mentre Gianni Ceccato stava riparando il tetto, alcuni pannelli di eternit non hanno retto e l'artigiano è caduto da un'altezza di quattro metri finendo nel cassone di una macchina miscelatrice di foraggi che era in funzione. L'elica metallica non gli ha lasciato scampo.
Il sostituto procuratore Luigia Spinelli ha subito aperto un procedimento penale per il reato di omicidio colposo, iscrivendo nel registro degli indagati dapprima l'affittuario dell'azienda, S.L. 27 anni di Latina, e poi anche R.D.M., 37 anni anche lui del posto, proprietario del complesso aziendale. La perizia effettuata dal medico legale ha confermato che la morte è stata determinata dalle conseguenze della caduta all'interno del macchinario in funzione.
A conclusione delle indagini preliminari, il 14 dicembre 2017 il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio per i due imputati, perché - si legge nell'imputazione - «in cooperazione colposa tra loro e in violazione delle norme in materia di sicurezza e salute degli ambienti di lavoro, contribuivano a cagionare e comunque non impedivano il decesso di Ceccato Gianni». Al titolare dell'impresa agricola, in particolare, si contesta anche di «aver omesso di verificare, prima di intraprendere i lavori di manutenzione (...), ogni misura necessaria volta a individuare la presenza di materiale contenente amianto, anche chiedendo informazioni al proprietario dei locali». Al 37enne, invece, si contesta di non aver installato idonee protezioni per evitare il contatto fra l'uomo e la macchina miscelatrice e di non aver installato dispositivi di blocco dell'attrezzatura quando la stessa si trovava con la portella posteriore nella posizione aperta e bracci fresa sollevati.
Alla fine i due hanno deciso di patteggiare, ma il contenzioso - anticipano da Studio 3A - andrà avanti in sede civile.