Per quegli abusi edilizi segnalati da alcuni privati che chiedevano l'applicazione delle sanzioni amministrative c'erano ancora delle domande di condono pendenti, per cui il procedimento per l'eventuale applicazione di "multe" era sospeso. Ma la motivazione espressa dai giudici del Tar di Latina, cui gli autori della segnalazione si erano rivolti lamentando il silenzio del Comune con un ricorso rigettato in primo grado, non ha convinto affatto i magistrati del Consiglio di Stato, che hanno pure condannato il Comune, la Regione e un privato - in solido fra loro - a rifondere tremila euro di spese di lite.
La vicenda va avanti dal 2017, quando - è il mese di giugno - alcuni privati presentano l'istanza con cui chiedono al Comune di esercitare le funzioni di vigilanza edilizia in ordine a una serie di abusi realizzati sulle aree confinanti con la loro proprietà e oggetto di domande di condono edilizie non ancora definite. Questa la motivazione della sentenza di primo grado: essendoci delle domande di condono presentate nel 1986 e nel 1994 per le quali è in corso l'istruttoria, il procedimento per l'applicazione di sanzioni è sospeso.
Il Consiglio di Stato, però, dice che la sospensione, sebbene prevista da legge, non fa venir meno l'obbligo per il Comune di concludere tempestivamente il procedimento. Ad esempio attivando l'iter per il rilascio del nulla osta paesaggistico, visto che l'eventuale diniego renderebbe impossibile il condono impedendo lo stallo del procedimento sanzionatorio. Ricorso dunque accolto, con condanna di Comune, Regione e privato alle spese.