Sono liberi gli imputati di Arpalo colpiti da misure restrittive della libertà. Il Tribunale ha infatti accolto le istanze della difesa con il parziale parere favorevole dei pm e ha quindi toto tutti i vincoli restrittivi. In specie è stato tolto l'obbligo di firma a Paola Neroni, mentre sono stati eliminati sia l'obbligo di dimora che quello di firma per Giovanni Fanciulli, Pasquale Maietta, Pietro Palombi, Fabrizio Colletti, Paola Cavicchi. La decisione del Tribunale, presidente Francesco Valentini, a latere Velardi e Fosso, è stata notificata ieri. L'istanza della difesa, rappresentata dagli avvocati Marino, Zeppieri, Palombi, Vasaturo, Tognozzi, Oropallo, Fiorella, Diddi Roccato, era arrivata durante l'ultima udienza del processo Arpalo che si è tenuta martedì pomeriggio. La pubblica accusa aveva dato parere favorevole alla fine dell'obbligo di firma ma non a quello di dimora. I giudici invece hanno ritenuto che non sussistano più sui fatti contestati gli elementi che avevano imposto le misure restrittive fino a due giorni fa. E' stato altresì preso in considerazione il comportamento tenuto dagli imputati in aula; molti di loro sono stati presenti a tutte le udienze, tra questi Giovanni Fanciulli, Fabrizio Colletti e Pasquale Maietta, l'ex deputato di Fratelli d'Italia e principale imputato in questo maxiprocesso sul riciclaggio di denaro delle cooperative di trasporto verso la Svizzera con il coinvolgimento della Us Latina Calcio.
Quest'ultima società è presente al processo come parte civile, rappresentata dagli avvocati Giovanni Lauretti e Angela Verrengia. Si sono altresì costituite come parti civili le coop decotte per il comportamento illecito degli imputati (implicati a vario titolo). In verità le coop sono poi fallite e le curatele fallimentari sono rappresentate dall'avvocato Claudio Cardarello. Sempre nell'udienza di martedì pomeriggio sono stati ricostruiti i movimenti finanziari che hanno coinvolte le società specchio create dallo studio professionale di Pasquale Maietta e attraverso le quali fu possibile il riciclaggio verso la Svizzera con capitali che poi rientravano in Italia e venivano investiti soprattutto in immobili con intestazione personale. Le operazioni riferite a quelle società furono segnalate dall'Uif della Banca d'Italia alla polizia tributaria di Latina e fu quello l'elemento decisivo per l'avvio dell'inchiesta che ora ha prodotto il processo omonimo.