La difesa punta a scardinare le accuse partendo da un elemento chiave del processo: la capacità di intendere e di volere al momento del fatto dell'imputato. E' fissata per il 16 giugno, davanti ai giudici della Corte d'Assise d'Appello di Roma, l'udienza nei confronti di Emanuele Riggione, 44 anni, originario di Terracina, condannato in primo grado per aver ucciso Elena Panetta a Roma al termine di una lite nell'appartamento della donna che aveva dato ospitalità all'imputato.

Riggione aveva confessato l'omicidio presentandosi poche ore dopo al Comando Provinciale dei carabinieri di Latina per ricostruire quello che aveva fatto.

«Ho ucciso una donna» aveva raccontato quando aveva bussato al piantone. Era stato un omicidio con modalità, molto feroci: l'uomo infatti aveva ucciso la donna con delle martellate alla testa.
Una volta che sono state depositate le motivazioni della sentenza, gli avvocati Angelo Palmieri e Adriana Anzeloni hanno impugnato la condanna a 30 anni di reclusione emessa lo scorso ottobre a Roma. Sarà una guerra di perizie in aula.