E' il primo caso in assoluto in Italia. L'interrogatorio in videoconferenza a causa dell'emergenza del Coronavirus quando l'indagato non ha commesso reati gravi per cui è prevista l'audizione in videoconferenza, «rappresenta un rimedio peggiore del male» ha sottolineato l'avvocato Angelo Palmieri che ha chiesto per il suo assistito - un giovane di Sezze detenuto in carcere per maltrattamenti sulla madre - l'annullamento dell'interrogatorio con la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, alla Presidenza del Consiglio, alla Camera e al Senato. Il motivo? Sono stati violati i principi costituzionali.

E' un colpo di scena nell'interrogatorio nei confronti di un 23enne finito in carcere per una triste vicenda di violenza tra le mura domestiche. «Questo è in stridente e palese contrasto con i principi di difesa – è riportato nella richiesta del legale del giovane – della presunzione di non colpevolezza, del giusto processo, attesa che questa disciplina (quella della videoconferenza), si applica indistintamente a tutti gli imputati detenuti per reati gravi e si applica indistintamente a tutti gli imputati detenuti a prescindere dai reati rivelandosi che per gli imputati liberi è previsto un trattamento diverso per l'esercizio del diritto di difesa». La disparità del trattamento secondo la difesa è palese.

La ratio che ha spinto a percorrere questa strada è semplice: le persone che devono rispondere di reati gravi come quelli per terrorismo o reati di stampo mafioso, sono interrogate con le modalità della videoconferenza mentre secondo il ragionamento dell'avvocato Angelo Palmieri, ascoltare il giovane indagato e metterlo sul piano di un mafioso o un terrorista è illegittimo e viene violato il diritto di difesa in relazione al dettato sancito dalla Magna Carta. Alla luce di questa prospettazione la difesa ha chiesto la nullità dell'interrogatorio davanti al giudice Mario La Rosa e la sospensione del procedimento.