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Concorso Internazionale di Fotografia, il mondo sognato da Toscani

Nicolas Ballario ha incontrato il pubblico al Cambellotti per un viaggio attraverso la vita del fotografo che ha ribaltato tutte le regole

Concorso Internazionale di Fotografia, il mondo sognato da Toscani

Avrebbe sicuramente sorriso di quei commenti piuttosto duri che sono apparsi sui social nei suoi riguardi anche post mortem.
Oliviero Toscani sapeva di non suscitare simpatia. Nicolas Ballario però - a lungo suo braccio destro -, è riuscito l’altra sera a rendere il pubblico accorso al Museo Cambellotti di Latina partecipe di una visione diversa. La storia di un sovversivo e delle sue “sovversioni” non poteva che conquistare tutti.
Tra gli eventi di punta del Concorso Internazionale di Fotografia Città di Latina, l’incontro con il noto critico d’arte e giornalista ha suscitato un grande interesse, che si è rafforzato nel cogliere il senso pieno della sfida che Toscani ha lanciato al perbenismo per raccontare il mondo a modo suo.
Ma chi era veramente Oliviero Toscani? Figlio del primo fotoreporter del Corriere della Sera, aveva respirato sin da ragazzo le atmosfere della tipografia e i tempi veloci imposti da un quotidiano, tanto è che la sua prima foto pubblicata era stata casuale e riprendeva Rachele Mussolini durante la tumulazione del Duce a Predappio. Aveva 14 anni, Oliviero, e non sapeva ancora che sarebbe diventato un fotografo capace di modificare le regole del gioco nel campo della comunicazione. Era già convinto però che l’Arte avesse bisogno del potere ma non per essere sfruttata (casomai il contrario), quanto per esprimersi.
Dopo gli inizi a Milano, la sua vita era cambiata, complice New York. Il suo genio, sempre in azione, ci mise poco a conquistarla. Quando Oliviero stringe amicizia con Andy Warhol ad esempio, sarà l’unico a pensare di usarlo come modello. Ne avrà di idee originali muovendosi tra Parigi, Londra e New York, collaborando con Elle, Vogue e altre famosissime riviste fino a diventare il fotografo più richiesto del settore.
Ballario racconta, si sofferma su aneddoti e fatti, su quello scatto a Carmelo Bene così caro a Toscani. Serviva per un numero di Vogue dedicato a personalità della cultura alle quali fare indossare la moda. Quel giorno pioveva come mai Toscani aveva visto piovere. Carmelo Bene era arrivato all’appuntamento completamente zuppo di acqua, in condizioni impresentabili lasciando perplesso il fotografo: “Sono pronto... C’è qualcosa che non va?”, gli aveva detto. Dopo un primo imbarazzo, Oliviero aveva deciso di scattare. Il messaggio dell’attore gli era chiaro: “Gli stupidi vedono il bello solamente nelle cose belle!”.
Fondamentale, per lui e per la storia della fotografia pubblicitaria, è stato però l’incontro con Luciano Benetton, per il quale Toscani accetta di lavorare a patto che le sue immagini non passino mai per l’ufficio marketing. La ricerca del consenso è la morte dell’Arte.
Così Toscani inizia a raccontare il mondo a modo suo, negli anni della guerra fredda fotografa due gemelli neri - uno sovietico e l’altro americano - rendendo attraverso l’Arte “possibile l’impossibile”. Inizia ad esaltare il valore della differenza - racconta Ballario -, la potenza del guardare rispetto a quella del fare vedere. Suggerisce di andare oltre, alla radice delle cose, “perché è lì che tutte le sovrastrutture diventano stupide” e lancia messaggi crudi utilizzando la pubblicità per raccontare razzismo, fame, violenza, aids. Sfida i costumi dell’epoca (famosi il bacio tra un prete e una suora, o la corsa dei preservativi colorati “che sembrano quasi partire per una missione spaziale” in tempi di Aids), e se ne frega delle grandi censure.
Sul video alle spalle di Ballario, le foto rivelano la loro forza. Bellissima quella scattata nel 1994 per la nascita della residenza creativa Fabrica, la scuola dove i giovani del mondo avrebbero potuto confrontarsi. Ritrae un volto nero con due occhi diversi. La foto fa innamorare David Bowie ispirato dalla quale scrive ‘Black Tie e White Noise’.
Oliviero Toscani non si è mai limitato ma ha sempre pensato che l’unica foto che si sentiva di escludere fosse quella di se stesso morto, aggiunge Ballario. Un tabù che di fronte al male che lo ha ucciso, ha voluto sfidare pubblicando sul Corriere della Sera la sua stessa immagine con il corpo ormai divorato dalla sofferenza.
Prima di chiudere l’incontro, Nicolas Ballario cita il progetto ‘Razze umane’ e afferma: “Oliviero sognava un mondo diverso dove la gente potesse andare dove voleva, il mondo di quel popolo di persone fotografate da Toscani lungo le strade. Guardiamole! O forse ci guardano? Non è importante. Ognuno ha la possibilità di scegliere da che parte stare, ci dice Oliviero. Non esistono posizioni giuste o sbagliate. E la grandezza dell’Arte sta nel creare dubbi”.

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