Sarà sul palco del Teatro Gabriele d’Annunzio di Latina che Gianluigi Nuzzi traccerà il confine tra verità giudiziaria e disinformazione. Lo farà con uno spettacolo inchiesta e con il suo stile inconfondibile, da padrone della scena.
La fabbrica degli innocenti, come nasce? "Nasce da una considerazione importante: si sono infrante le regole del gioco sul racconto dei fatti di cronaca. Prima le regole imponevano il rispetto della vittima e dei familiari, la cautela nel riportare quanto accaduto, un’ attinenza stretta allo sviluppo delle indagini e dei processi. Oggi è tutto diverso, il perno è la spettacolarizzazione e l’annientamento delle sentenze e la messa in mora delle verità processuali consolidate facendo perno su elementi suggestivi, fake news, manipolazioni emotive e sulla rappresentazione di verità solo parziali". Per lo spettacolo a Latina la scenografia è semplice, minimal e al centro di tutto ci sarà lui: il racconto. "Certo. Sarà il protagonista, Enrico Zaccheo è il regista: ha fatto una scenografia semplice, utilizziamo suoni e intelligenza artificiale, c’è un gioco di voci per depistare chi è in sala e non far capire cosa è vero e cosa è falso. Tutti siamo manipolabili. Parleremo anche del caso di Garlasco, è successo di tutto e di più e dopo 18 anni siamo qui a cercare di capire cosa sia accaduto". Quanto può essere sottile il confine tra verità giudiziaria e disinformazione? "E’ proprio questo il motivo dello spettacolo: la disinformazione ha mangiato la verità giudiziaria. C’è stata un’ opera di cannibalismo sociale per cui la verità giudiziaria non è più importante ma è più importante inventarsi una storia che sorprenda tutti. Vince chi la spara più grossa non chi la spara più vera: dai vaccini, all’alluvione in Emilia, dal Papa che era morto da settimane e via crescendo e potrei andare avanti". Da Dentro la Notizia a Quarto Grado, lei ha detto che la cronaca ha mille colori. Nel corso degli anni i colori della cronaca quanto sono cambiati? "La fantasia degli assassini è superiore alla realtà che noi raccontiamo. Gli assassini oggi sono consapevoli della ricaduta mediatica, cercando la televisione scelgono i media per rappresentarsi innocenti". Lei ha detto al Corriere della Sera in una intervista che si può raccontare una notizia cercando la bellezza del bene contro la banalità del male. "Significa cercare di non dimenticare mai la speranza a chi ci segue e offrire una prospettiva. Faccio un esempio: ho raccontato una storia vicino a Roma, di un palazzo di sei piani dove da tre mesi era rotto l’ascensore. Alla fine hanno sistemato l’ascensore, sembra una cavolata, ma questo ha permesso ad una donna malata oncologica di scendere e riprendere l’ascensore e andare a fare le terapie. Quella signora potrebbe essere tua zia, tua madre. La denuncia è uno degli elementi fondamentali insieme alla positività e all’ottimismo. Adesso tutti sono investigatori, una volta erano tutti commissari tecnici o calciatori, poi tutti sono diventati chef, adesso invece siamo arrivati al punto che sono tutti investigatori". Lei è stato spiato, nei giorni scorsi un’autobomba al suo collega Sigrifdo Ranucci, cosa sta succedendo? "Sono due cose diverse: a Ranucci è stato un attentato dinamitardo che ha messo a rischio la sua incolumità, con me hanno utilizzato strumenti elettronici per localizzarmi. Adesso c’è una facilità di controllare la vita degli altri che prima non c’era: guardi i profili sui social, è semplice avere informazioni sulle altre persone e c’è anche uno scontro tra chi svolge un lavoro in maniera tradizionale e ha una sua deontologia e altri che invece sono pirati di Internet". A proposito di giustizia e persone innocenti che poi sono state assolte e a proposito della narrazione dei fatti, lei quando aveva 17 anni ha conosciuto Enzo Tortora. "Sì, ricordo la grande dignità di Tortora, ricordo che nonostante stesse male continuava le sue battaglie per i diritti delle persone, ha lasciato lo scranno da parlamentare per affrontare le battaglie per una dignità per tutti: dai detenuti agli indagati". Le storie: in provincia di Latina ce ne sono tante, l’ultima, la più drammatica è quella di Paolo Mendico, il ragazzo che si è suicidato a Santi Cosma e Damiano. "Sì, ci siamo occupati di questo caso. Siamo in un momento storico particolare, l’aggressività e la violenza delle persone si specchia nell’età preadolescenziale, Internet dà un grande contributo: a 12 anni ma anche a 8 anni sei già un navigatore della rete senza avere quelle tutele necessarie per decodificare ciò che trovi on line. I ragazzi di oggi hanno difficoltà nelle relazioni umane. C’è più violenza e meno sesso. Rispetto a quelli della mia generazione i ragazzi di oggi hanno difficoltà nelle relazioni umane e sono abituati a navigare. Ai miei tempi ci si innamorava di una coetanea del liceo e si stava anche due anni appesi ad aspettarla". La gente vuole conoscere le storie e la sua è interessante, quasi da predestinato: da giornalista inizia addirittura alle elementari. "Sì, scrivevo a penna su un giornalino che si chiamava la Vita Nuova, scrivevo gli articoli che alla fine erano una sintesi di quello che usciva sul Corriere della Sera in quegli anni, erano gli anni Settanta, io andavo alle elementari e mandavo tutto a mia zia a Salerno e lei mi mandava una mancetta".
Appuntamento al D’Annunzio il 15 novembre, Prodotto da Stefano Francioni Produzioni, Vincenzo Berti e Gianluca Bonanno per Ventidieci, “La fabbrica degli Innocenti” è diretto da Enrico Zaccheo, sul palco Gianluigi Nuzzi, il bambino che sognava di diventare giornalista.