Droga, armi e violenze: le motivazioni per la condanna a Fustolo

Le intercettazioni e le dichiarazioni del pentito Giuseppe Basco sono state determinanti per la condanna degli imputati del processo «White Fruit» che si è chiuso ad aprile scorso. Le motivazioni della sentenza, pubblicate in queste ore, confermano e ripercorrono quanto emerso nel dibattimento davanti al Tribunale di Cassino. Come si sa, la pena più pesante è stata comminata a Carmina Fustolo, 14 anni e 8 mesi di reclusione. Batosta anche per il marito Italo Ausiello, considerato il secondo per importanza nell’organizzazione, 13 anni e 9 mesi. Queste le altre: a Emanuele Tornincasa 8 anni e 2 mesi, a Giuliano D’Urso 7 anni e 1 mese, a Gianfranco Simeone 4 anni e 6 mesi, ad Angelo Lombardi 7 anni e 5 mesi, a Civita Lombardi 4 anni e 1 mese, a Roberto De Simone 7 anni, ad Enrico De Meo 4 anni e 1 mese, a Laura Supino 4 anni e 3 mesi, a Luca Centola 4 anni e 2 mesi, a Ivan Calenzo 4 anni e 5 mesi.

Il nocciolo della sentenza ruota attorno all’accertamento, tramite plurime prove concordanti (soprattutto intercettazioni e verbali del collaboratore di giustizia) in base alle quali è esistita, fino al 2020, una base di spaccio organizzato di droga tra Formia e Gaeta, che includeva anche la custodia di armi, violenze fisiche (la stessa Carmina Fustola stava per essere strangolata con una corda). La sentenza sottolinea come sia «emerso sin dall’inizio che il negozio di alimentari, gestito dai coniugi Italo Ausiello e Carmina Fustolo fosse, in realtà una vera e propria base operativa e strategica di un sodalizio criminale diretto dagli stessi, che per lo spaccio al dettaglio potevano contare sulla collaborazione di una serie di pusher, nonché alcuni soggetti individuati quali fornitori di cocaina dei medesimi, tra cui Emanuele Tornincasa». Per tutta la durata del dibattimento la difesa, rappresentata dagli avvocati Pasquale Di Gabriele, Pasquale Cardillo Cupo, Vincenzo e Matteo Macari, Walter Marrocco, Maria Paola Samarelli, Alfonso Furgiuele.