Il caso
24.02.2025 - 13:30
Nonostante le abbondanti precipitazioni di venerdì e sabato scorso, basta uno sguardo per accorgersi che il fiume Ufente, uno dei principali fiumi che attraversano la pianura pontina, è ridotto ai minimi termini. Il livello delle acque di solito florido in questo periodo invernale e poco più basso anche durante i periodi di secca, è basso come non è mai stato a memoria di anziani. Un problema che si ripercuoterà pesantemente sulle risorse idriche questa estate, sia a livello agricolo che anche per l’uso domestico. Un problema che andrà a sommarsi ai già disastrati storici di carenza idrica dai rubinetti. Una carenza legata al fenomeno della dispersione idrica della rete (ancora superiore al 60%), inficiata sicuramente dalla presenza di tanti attacchi abusivi da cui si emunge per annaffiare prati e riempire piscine, ma connessa pure ad una scarsità di risorse che verranno convogliate in pianura ad irrigare i campi lì dove non sarà possibile attingere acqua dai fiumi e dai canali di irrigazione.
Il problema è stato sollevato nei giorni scorsi anche dal consigliere comunale di Sezze, Orlando Santoro che ha giustamente notato: «Il problema siccità ha colpito anche il fiume Ufente e sta mettendo in seria difficoltà numerose aziende agricole che faticano a garantire l'approvvigionamento idrico necessario per le proprie coltivazioni». Santoro propone anche una soluzione «è fondamentale realizzare due chiuse sul fiume Ufente per mantenere il livello dell'acqua costante a due metri e mezzo. Questo intervento permetterebbe di garantire un flusso idrico continuo alle aziende agricole locali, salvaguardando le produzioni e l’economia del nostro territorio». Vista la situazione centra in gioco anche il Consorzio di Bonifica che ha la competenza di curare fiumi e canali. Una seconda soluzione, sicuramente più laboriosa ma strutturata, potrebbe essere quella di creare degli invasi artificiali da utilizzare nei periodi di secca.
È questo il teorema di uno studioso locale, Roberto Vallecoccia, che ha dedicato anni ad approfondire studi sulle risorse idriche locali: «Non potendo intervenire sul meteo, è tempo di rivedere i criteri di funzionamento degli impianti idrovori che regolano le acque della pianura pontina che funzionano ancora al ritmo di quando la palude venne bonificata. Ciò porterebbe immediatamente ad un risparmio di energia elettrica ci centinaia di migliaia di euro l’anno ma soprattutto non ci si può permettere più il lusso di buttare a mare milioni di metri cubi di acqua. L’acqua sollevata dalle idrovore oggi, circa 378 milioni di metri cubi, viene buttata a mare. Basterebbe recuperarne una parte, magari tutta, realizzando bacini artificiali, per avere tutta l’acqua necessaria per gli allevamenti e l’agricoltura della zona».
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