Il dramma
22.03.2025 - 10:03
I familiari di Marco Gianni si abbracciano. La madre piange, lo zio di Marco, arrivato come per ogni udienza dal Trentino per seguire il processo, guarda la spilla e la maglia rossa con l’immagine stilizzata del nipote che gioca a pallamano, ci sono le iniziali e il numero 14. E’ un momento toccante.
Una madre che piange, chi le ha ucciso portandogli via il figlio per sempre è stato condannato alla pena dell’ergastolo. Ha una grande forza Emanuela Pugno. «La condanna a noi è arrivata dal 13 aprile. Marco questa sera a casa certamente non lo ritrovo - ripete tra le lacrime - spero che si renda conto di quello che ha fatto, perchè non abbiamo mai ricevuto una richiesta di perdono da lui e dalla sua famiglia e spero che adesso anche i nostri bambini possano vivere felici in un mondo dove non si usano le armi ma in un mondo dove si coltivano i fiori come faceva Marco».
La mamma di Marco ha indossato una maglia blu con una bellissima immagine del figlio circondato dai fiori e c’era un sorriso di Marco con una delle sue frasi preferite: «Alla grande». Alla vigilia del processo Emanuela Pugno aveva chiesto giustizia, lo aveva dichiarato nella prima udienza. «E’ un femminicidio al contrario - aveva detto - è un fatto arcaico e deve essere punito per interrompere questa mentalità che ancora sopravvive».
Ieri sera, dopo quattro ore di camera di consiglio i giudici hanno letto la sentenza. In aula erano presenti i parenti e gli amici di Marco, alcuni indossavano una maglia rossa con un giocatore di pallamano impegnato in un’azione pronto a tirare. Un ritratto di Marco lo ha fatto anche il pm Valentina Giammaria quando ha ricostruito i fatti: «Una persona buona, dal carattere mite, impegnato nel sociale che si occupava di un ragazzo down, un lavoratore».
Un fiore, tra i fiori, direbbe la madre vedendo quella maglia blu e la frase «Alla grande» che sembra ancora di sentire.
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