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Giudiziaria

«Gloria Pompili poteva scegliere per sé, i figli no»: nelle motivazioni del giudice la condanna all’assistente sociale

Nelle motivazioni della sentenza, il giudice scrive che la donna «non ha fatto nulla» dopo la segnalazione della questura. Condannata per omessa denuncia e mancata tutela dei minori.

«Gloria Pompili poteva scegliere per sé, i figli no»: nelle motivazioni del giudice la condanna all’assistente sociale

«Gloria era maggiorenne e poteva scegliere per sè, eventualmente accettando gli abusi e i soprusi ai quali era sottoposta. Di contro, i suoi figli avrebbero dovuto essere tutelati, proprio per l’incapacità della madre di provvedere al loro migliore interesse». L’assistente sociale «solo dopo l’omicidio ha relazionato sugli accadimenti dando atto che Gloria ha sempre abitato a Frosinone (in una casa occupata) e che è stata seguita dai servizi in situazione di “emergenza”». È quello che scrive il giudice monocratico Francesca Proietti del Tribunale di Frosinone nelle motivazioni della condanna, alla pena di 50 euro di multa, dell’assistente sociale che avrebbe dovuto prendersi cura di Gloria Pompili e dei suoi due bambini. Gloria Pompili è stata uccisa di botte davanti ai figli. Aveva 23 anni, nella notte tra il 23 e il 24 agosto 2017, su una piazzola di sosta a Prossedi, sulla Monti Lepini. I giudici della Corte di Cassazione hanno confermato la condanna a 20 anni per Loide Del Prete, zia della vittima, e per il convivente di Loide, Saad Mohamed Mohamed Elesh Salem.

E proprio a seguito di quel processo, in primo grado celebratosi davanti alla Corte d’Assise di Latina, è scattata l’inchiesta della Procura di Frosinone che ha portato al processo e alla condanna, in primo grado, dell’assistente sociale S.N. queste le sue iniziali che si occupava della famiglia di Gloria. La donna era accusata di omessa denuncia all’autorità giudiziaria dei «reati di maltrattamenti in famiglia subiti dalla Pompili e dai minori e favoreggiamento e di sfruttamento della prostituzione in danno della Pompili dei quali era venuta a conoscenza nell’esercizio e a causa del servizio». Il riferimento è a una segnalazione del 30 novembre 2016 della questura di Frosinone. Ricevuta tale nota, l’imputata - scrive il giudice che, in diversi passaggi cita anche la sentenza della Corte d’Assise di Latina - «non ha assunto provvedimenti di sorta». In pratica a seguito della segnalazione della questura sulla “sudditanza psicologica” di Gloria nei confronti di quelli che poi sarebbero stati i suoi assassini «non ha fatto seguito l’adozione di misure di protezione idonee né la minima cura al fine della presentazione di una denuncia per la salvaguardia dei minori».

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