Un supertestimone pontino nell’inchiesta sulla morte in carcere

C’è un supertestimone nell’inchiesta sulla morte in carcere di Andrea Di Nino, il detenuto di 36 anni di Roma, trovato morto in cella nel carcere Mammagialla di Viterbo il 21 maggio del 2018. Il supertestimone è Roberto Toselli, di Latina, testimone anche nel processo Alba pontina e Don’t Touch come ha ricordato lui stesso intervistato da Le Iene.

«Non si è impiccato. L’hanno ucciso. L’ho visto io, ero lì», ha detto Toselli riferendosi a Di Nino, davanti le telecamere del programma di Italia 1. Toselli ha dichiarato che avrebbe riconosciuto e individuato cinque agenti della Polizia penitenziaria in servizio quando sono avvenuti i fatti. «Ho potuto scorgere tutto con uno specchietto - ha detto simulando la scena - e ho sentito urla disumane. Andrea gridava ‘Mamma, mamma’ e piangeva. Poi sono usciti portando il corpo di Andrea in orizzontale, dicevano Aò, questo è morto, è morto».

Toselli - è emerso dal servizio - aveva rilasciato una deposizione nello studio dell’avvocato dei familiari di Di Nino. La Procura di Viterbo ha riaperto le indagini per «omicidio volontario». Secondo i familiari della vittima, Andrea non si sarebbe mai suicidato: «Non vedeva l’ora di tornare dai suoi figli», hanno dichiarato.

Il fascicolo è stato aperto contro ignoti. Secondo la versione ufficiale, Di Nino è stato trovato impiccato nella cella. Per la sua morte è in corso un procedimento per omicidio colposo a carico dell’allora responsabile dell’Uos Medicina penitenziaria territoriale dell’Asl di Viterbo, di un assistente capo della polizia penitenziaria, del medico di guardia e del direttore della casa circondariale. Roberto Toselli nel 2016 aveva iniziato per pochissimo tempo un percorso di collaborazione per poi ripensarci subito dopo.