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Il caso

Cella troppo piccola, Ministero condannato

Un detenuto era stato per oltre 600 giorni tra Latina e Rebibbia

Cella troppo piccola, Ministero condannato

La cella era troppo piccola: poca luce, poca aria e le condizioni disumane. E’stato detenuto per 130 giorni nel carcere di Latina e 510 giorni nel carcere di Rebibbia. E’ la storia di un uomo di 58 anni della provincia di Latina che assistito dall’avvocato Antonio Cavaliere, ha presentato ricorso contro lo Stato e il Ministero della Giustizia, sostenendo che le condizioni in cui è stato detenuto erano inumane. L’uomo è stato prima nella casa circondariale di via Aspromonte dal novembre del 2011 all’aprile del 2012 e poi a Roma. Nel ricorso ha sottolineato di aver sofferto - come riportato nelle carte del processo - condizioni igieniche degradanti e precarie essendo ristretto in cella per 21 ore giornaliere, beneficiando di poca luce e aria. Stesso discorso anche quando era stato a Rebibbia: dall’aprile del 2012 all’agosto del 2013.

In un primo momento il procedimento era iniziato davanti al Tribunale civile di Latina che si era dichiarato incompetente , subito dopo la causa si è svolta davanti la seconda sezione civile del Tribunale di Roma e al giudice Alessandra Imposimato che ha emesso la sentenza. Il detenuto nella domanda aveva lamentato di avere patito condizioni non conformi al divieto di trattamenti inumani o degradanti, come recita l’articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà.

Nel corso del processo il Ministero aveva chiesto il rigetto dell’istanza ed erano state acquisite le relazioni delle case circondariali di Latina e Roma. Il giudice quando prende in esame i due periodi di detenzione sottolinea che: «risulta che per i detenuti lo spazio vitale era effettivamente inferiore a tre metri quadrati, detraendo dalla superficie utile calpestabile anche l’ingombro dei letti a castello.

Non vi è prova - aveva scritto il giudice - sufficiente dell’adozione di misure idonee a compensare le condizioni particolarmente afflittive della detenzione del ricorrente, la relazione della Casa Circondariale risulta sul punto assai lacunosa ed inconcludente ». La sentenza era stata emessa nel settembre del 2020, a distanza di anni dal Ministero della Giustizia non è arrivata ancora nessuna risposta per quanto riguarda il risarcimento di una somma di denaro che spetta al detenuto.

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