Cerca

Il fatto

Artigianato in difficoltà, in dieci anni il Lazio ha perso un quinto delle attività

La provincia di Latina tra le più colpite, ha perso il 4,9% solo nell’ultimo anno

Artigianato in difficoltà, in dieci anni il Lazio ha perso un quinto delle attività

Il mondo dell’artigianato italiano sta vivendo una crisi senza precedenti. Secondo l’ultimo rapporto della CGIA di Mestre, negli ultimi dieci anni il Paese ha perso quasi 400mila artigiani, con un calo del 22,4% rispetto al 2014. Una vera e propria emorragia che riguarda titolari, soci e collaboratori familiari, e che non risparmia nessuna regione.
Nel Lazio il bilancio è pesantissimo: dagli oltre 116mila artigiani censiti nel 2014 si è scesi a poco più di 91mila nel 2024, con un calo del 21,4%. Una cifra che si traduce in circa 25mila attività scomparse in dieci anni. L’ultimo anno non ha fatto eccezione: la regione ha perso altre 5.354 unità, pari al -5,5%, un dato in linea con quello nazionale.

Latina: un crollo che pesa
Il rapporto scende nel dettaglio anche a livello provinciale. La provincia di Latina registra 482 artigiani in meno tra il 2023 e il 2024, pari a una contrazione del 4,9%. Il territorio pontino si colloca così nella fascia medio-alta della classifica nazionale delle province più colpite. Peggio di Latina, nel Lazio, ha fatto Roma con -3.864 unità (-5,9%). Anche Viterbo (-4%), Frosinone (-5,3%) e Rieti (-4,7%) confermano la tendenza. In sostanza, nessun territorio laziale è riuscito a contenere l’emorragia.
Dietro questi numeri c’è un cambiamento strutturale che tocca da vicino la vita quotidiana. “Se già oggi è complicato trovare un idraulico o un fabbro disponibile, fra qualche anno potrebbe diventare quasi impossibile”, avverte la CGIA. E lo sanno bene i cittadini pontini, che spesso faticano a reperire artigiani per riparazioni e interventi di manutenzione.

Le cause della crisi
I motivi di questa caduta sono molteplici. Da un lato pesa l’invecchiamento della popolazione artigiana e il mancato ricambio generazionale, aggravato dal calo demografico. I giovani scelgono sempre meno i percorsi professionali e manuali, attratti da studi liceali o universitari che appaiono più prestigiosi. Dall’altro lato, incidono fattori economici: la concorrenza dell’e-commerce e della grande distribuzione, il boom dei costi di affitti e bollette, il peso della burocrazia e una tassazione giudicata insostenibile.
Anche i consumatori hanno cambiato abitudini: la cultura dell’“usa e getta” ha soppiantato il prodotto artigianale su misura, sostituito da articoli standardizzati acquistati online o nei grandi centri commerciali.

I settori che resistono
Non tutto, però, è in caduta libera. La CGIA segnala dati in controtendenza per i comparti del benessere (parrucchieri, estetisti, tatuatori) e per quelli dell’alimentare (gelaterie, gastronomie, pizzerie da asporto), spesso sostenuti dal turismo. Anche l’informatica e i servizi digitali mostrano segnali di vitalità, con l’aumento di professionisti specializzati in web marketing e social media.


Una proposta: il reddito di gestione delle botteghe
La CGIA lancia un allarme: senza interventi immediati, nei piccoli comuni e nei borghi la desertificazione commerciale rischia di accelerare lo spopolamento. Per questo propone l’introduzione di un “reddito di gestione” per botteghe artigiane e commerciali nei centri fino a 10mila abitanti. L’obiettivo è sostenere chi decide di aprire o mantenere un’attività compatibile con la residenzialità, evitando che interi paesi restino privi di servizi e di identità.

La riforma della legge quadro
Sul piano politico, intanto, è in cantiere una riforma della legge quadro n. 443 del 1985, che disciplina l’artigianato. Tra le novità annunciate: maggiore flessibilità nei consorzi, un fondo da 100 milioni per agevolare il credito, e l’innalzamento del tetto occupazionale da 18 a 49 addetti. Un pacchetto che, se approvato, potrebbe aiutare le oltre 1,2 milioni di imprese artigiane ancora attive a sopravvivere e innovarsi.

Il caso Lazio: tra emergenza e opportunità
Per il Lazio, e per la provincia di Latina in particolare, la sfida è duplice. Da un lato c’è l’urgenza di arginare l’emorragia di attività storiche, che garantiscono non solo lavoro ma anche coesione sociale. Dall’altro, c’è la possibilità di puntare sui s

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione

I più recenti