Cerca

Formia, il caso

Valeriano, ci sono stati troppi silenzi in sei mesi. Lui non è stato mai ascoltato da vivo

Tutti sapevano che stava male eppure nessuno immaginava che potesse davvero morire perché in un carcere italiano è stato ammazzato di botte

 Valeriano, ci sono stati troppi silenzi in sei mesi. Lui non è stato mai ascoltato da vivo

Tutti sapevano che stava male eppure  nessuno immaginava che potesse davvero morire perché in un carcere italiano è stato ammazzato di botte. L’avvocato che rappresenta i familiari, Antony Lavigna, è stato suo compagno di tiri al pallone nella villa comunale di Formia, poi uno se ne è andato a studiare a Roma e l’altro ha preso a passare dischi nelle feste in città. Ogni tanto ci si rivedeva, auguri di Natale, telefonate... A luglio scorso la famiglia di Francesco contatta Lavigna e quella che viene fuori è una storia allucinante. Il 45enne era in coma all’Umberto I di Roma da fine giugno, ci era arrivato già così dal carcere di Rebibbia e nessuno sapeva cosa fosse successo. Ancora adesso non si sa. Dal 29 giugno al 10 dicembre nessun investigatore ha pensato di sentire quell’uomo ridotto in coma, rimasto, anche dopo che si è svegliato, con gravissimi danni cerebrali. I medici non hanno saputo spiegare ai familiari né all’avvocato cosa potesse accadere e semmai le condizioni di Francesco potevano migliorare. Non c’è stato alcun incidente probatorio nonostante sull’aggressione in carcere e le lesioni fosse stata aperta un’inchiesta  dalla Procura di Roma in seguito ad un esposto della direzione di Rebibbia e poi della famiglia Valeriano.  Il fascicolo è tuttora secretato, dunque è impossibile stabilire se Francesco sia stato picchiato dalle guardie carcerarie o da altri detenuti. Stante il segreto istruttorio, qualcosa però è emerso in questi mesi, soprattutto grazie al lavoro di indagine e raccolta dati di Fanpage, che ha seguito il caso da metà luglio 2025, quando per la prima volta si è venuti a conoscenza che un detenuto di Rebibbia era arrivato in coma in ospedale per lesioni gravi. Ma ciò è contenuto «solo» nelle relazioni dei medici perché il carcere e il Dap non hanno mai emesso alcuna nota su questa vicenda. Ieri la senatrice Ilaria Cucchi ha aggiunto  un tassello importante: «Immediatamente dopo aver saputo del pestaggio, avevo contattato la direzione del carcere. Avevo chiesto come potesse essere accaduto. Ho recuperato quello scambio. La direttrice parlava di una “violenta ed imprevedibile aggressione”. Si era verificato l’esatto opposto di ciò che dovrebbe accadere davanti agli occhi di uno Stato consapevole, vigile. Che cura, e che non abbandona. Ma Francesco Valeriano e la sua famiglia sono stati abbandonati». Dunque la direzione del carcere di Rebibbia la scorsa estate ha detto che c’è stata un’aggressione, eppure sul punto non è stata mai ascoltata la vittima che fino a pochi giorni fa era vivo e avrebbe potuto, forse, se aiutato da un operatore, ricordare o raccontare, fornire prove per dare verità e  giustizia alla famiglia. Restano, adesso, altri passaggi probatori utili. Il primo è l’autopsia, che dovrebbe essere disposta nelle prossime ore dal sostituto procuratore che segue le indagini, Anna Trinchillo; un consulente medico sarà nominato anche dalla famiglia Valeriano, mentre gli amici del dj hanno avviato in queste ore una raccolta fondi per aiutare i familiari a sostenere le spese.

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione