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Il commento

La Fondazione per il Centenario ha bisogno di gente che ama Latina

L'editorale del direttore Tonj Ortoleva sul Centenario, la Fondazione e le nomine per CdA e Presidenza

La Fondazione per il Centenario ha bisogno di gente che ama Latina

La Fondazione “Latina 2032” non è un ente qualunque. È il motore – o dovrebbe esserlo – del percorso che porterà la città al Centenario e oltre: programmazione culturale, identità, relazioni istituzionali, capacità di attrarre risorse, costruzione di un racconto credibile di Latina. Per questo, la notizia dell’avvio delle procedure pubbliche per le nomine – resa nota in questi giorni e destinata inevitabilmente a dividere e discutere – va letta per quello che è: un passaggio decisivo, non un atto burocratico. E qui bisogna dirlo subito, senza infingimenti: la trasparenza è necessaria, ma non è sufficiente. È sacrosanto che le procedure siano chiare, pubbliche, verificabili; che gli avvisi, i requisiti, i criteri siano cristallini; che tutto avvenga alla luce del sole, perché il Centenario non può nascere sotto la lampada fioca dei “si è sempre fatto così”. Ma, al tempo stesso, la politica non può cavarsela con l’alibi della forma. Le carte in ordine non sostituiscono la sostanza. E la sostanza, in questa storia, ha un nome preciso: competenza.


Lo Statuto indica già una bussola: il Consiglio di amministrazione è composto dal Presidente e da quattro membri “individuati tra soggetti che per professionalità, competenza ed esperienza” possano contribuire ai fini della Fondazione; e quei quattro sono designati, rispettivamente, da Comune, Provincia, Regione e Camera di Commercio. Quanto al Presidente, la scelta passa dal Collegio dei Fondatori, su proposta del Ministro della Cultura sentito il sindaco di Latina: un passaggio che, proprio perché coinvolge livelli diversi, richiede ancora più serietà, non meno.


E allora, se davvero vogliamo trasformare “Latina 2032” in una casa comune – non in una bandierina, non in un salotto, non in un feudo – dobbiamo pretendere che i nominati siano all’altezza. Professionisti veri, con esperienza gestionale, capacità amministrativa, familiarità con bandi e progettazione culturale, conoscenza del territorio e delle sue fragilità. Gente che sappia che il Centenario non è una serata di gala, ma un lavoro quotidiano: bilanci, programmazione, rapporti con scuole, associazioni, imprese, istituzioni. Persone che sappiano ascoltare e decidere.


Ma c’è un punto ancora più delicato, spesso rimosso perché scomodo: Latina non si governa per interposta notorietà. In queste ore è tornata la tentazione – antica come la politica e moderna come i social – di inseguire il “nome che fa titolo”, la figura da copertina, la scorciatoia del personaggio. È circolata persino l’idea di un presidente “di prestigio mondiale”, nello specifico Tiziano Ferro.. Sia chiaro: nessuno mette in discussione il valore dell’artista, né l’orgoglio che Latina possa provare per chi l’ha portata nel mondo. Ma un conto è essere testimonial, un altro è guidare una Fondazione complessa, con responsabilità istituzionali, scelte strategiche, rapporti delicati e continui con i soggetti fondatori. Il Centenario ha bisogno di un conoscitore profondo del territorio, che sappia tessere e unire tutte le anime di questa Fondazione che sta nascendo. La guida operativa deve essere affidata a chi conosce ogni angolo della città, ogni frattura e ogni potenzialità.


Perché questo è il vero discrimine, quello che non si trova in un curriculum patinato: conoscere Latina. Conoscerla davvero. Non per sentito dire, non per nostalgia, non per qualche visita annuale. Conoscerne la storia e le contraddizioni; la geografia sociale; le periferie e il centro; i borghi; le associazioni che tengono insieme pezzi di comunità; i luoghi che chiedono cura e quelli che possono diventare simboli. Latina è una città giovane, sì, ma non semplice. È fatta di stratificazioni, migrazioni interne, memorie contese, orgogli e ferite. Il Centenario, se vuole essere qualcosa di più di una celebrazione, deve saperle raccontare tutte, senza retorica e senza rimozioni.


C’è un rischio, se sbagliamo le nomine: che “Latina 2032” diventi l’ennesima occasione mancata, un contenitore di eventi slegati, un calendario senza anima, o peggio un terreno di scontro permanente. C’è invece un’opportunità enorme, se le scelte saranno buone: costruire un progetto lungo, serio, che lasci infrastrutture culturali, competenze, relazioni e una narrazione finalmente adulta della città.


E allora la richiesta che sale – forte, legittima, inevitabile – è semplice: scegliete bene. Scegliete persone competenti, professionali, autonome, capaci di lavorare in squadra e di rendere conto pubblicamente. Persone che amino Latina non come slogan, ma come responsabilità. La trasparenza è il pavimento. Ma per camminare verso il 2032 serve una direzione. E quella direzione la danno gli uomini e le donne che la politica indicherà oggi. Il Centenario non è un palcoscenico. È un patto. E i patti si costruiscono con serietà, non con i riflettori.

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