La "colpa" di Fiorella non era che la sua buona fede. Con un certo orrore, la si potrebbe definire "reato di genuina sensibilità": un paradosso giudiziario che cova la sua efficacia nel potere di travalicare la scranna, il rigore legislativo, con un indice puntato per assurdo contro le fragilità di una diciottenne che ha creduto nel bene del sorriso fino ad esserne vittima. Mai destinataria.
Il documentario "Processo per stupro" di Maria Grazia Belmonti, Anna Carini, Rony Daopoulo, Paola De Martiis, Annabella Muscuglio e Loredana Rotondo, nel 1979 ha provveduto a impartire al belpaese la lezione misogina di un genere di violenza che promette impunità. Il Tribunale di Latina si trovò allora a essere sfondo solenne di quella che sarebbe stata la prima testimonianza filmica di un processo per abuso sessuale (parte lesa la giovane Fiorella, difesa dall'avvocatessa Tina Lagostena Bassi), mandato in onda dalla Rai l'anno seguente. E oggi, a quarant'anni dal documentario, il regista pontino Renato Chiocca rievoca quel dibattito esemplare e sconcertante sul palco del Teatro Eliseo di Roma in "Processo per stupro" (nell'ambito di Eliseo Off), con Clara Galante, Enzo Provenzano, Tullio Sorrentino, Francesco Lande e Simona Muzzi. A poche ore dal debutto, che si è tenuto con successo nella serata di ieri, Chiocca ci ha raccontato la pièce.

La genesi dello spettacolo
«La prima volta che ho visto il documentario sono rimasto colpito dalle parole delle arringhe, sia quelle di Tina Lagostena Bassi, sia quelle di Giorgio Zeppieri, perché rivelavano una particolare forza nel linguaggio e anche una certa spettacolarità nella ‘resa scenica'. Allora ho considerato l'ipotesi di sradicare quelle voci dal testo del documentario, dalle immagini in bianco e nero, per cercare di restituirle attraverso la presenza del teatro, a partire dall'idea che su un palcoscenico l'azione ha luogo esattamente dinanzi agli spettatori. Certo, è una provocazione: trasformare il linguaggio di un processo penale di quarant'anni fa in un soggetto teatrale destinato al pubblico di oggi e osservare le reazioni, cogliere il cortocircuito, e misurare lo scarto temporale che è possibile ricavarne».

Parole preziose
«Il presupposto è sempre stato il rispetto delle scelte linguistiche. La ricchezza e al contempo la povertà delle espressioni, sia degli imputati, sia dell'accusatrice, andavano preservate con la maggiore cura filologica possibile, allo stesso tempo cercando sulla scena – piuttosto spoglia – di evocare i caratteri dei personaggi e le relazioni attraverso il lavoro degli attori. Nessuna didascalia, nessuna ricostruzione dal punto di vista scenografico e, stabilite queste premesse, il tentativo di acquisire una nuova libertà».

Falli di ieri, vizi di oggi
«Per vedere quel documentario oggi, sebbene si possa facilmente recuperare in rete, tendenzialmente è necessaria un'indicazione. Bisogna arrivarci, ecco. Il teatro, in questo caso, può invece ricontestualizzare la vicenda e affidarla a un nuovo pubblico, agevolato dai tratti archetipici e dal valore universale del dibattito inscenato. Questo rende importante e fortemente attuale ‘Processo per stupro': la sua universalità, che sta alla base delle lotte per i diritti delle donne, della definitiva approvazione - avvenuta solo nel ‘96 - di una legge sulla violenza sessuale che ha restituito la dignità alla persona e non alla morale del tempo. Quel filmato è stato visto da 12 milioni di spettatori, ha rivelato all'Italia la sostanza di certe consuetudini piuttosto diffuse all'epoca: ma come è vero che oggi la legislazione è (fortunatamente) diversa da allora, è altrettanto vero che nei movimenti di opinione, nei movimenti mediatici e in primis nei comportamenti umani, non sembra sia passato poi tanto tempo. Il dibattito del ‘79 innescò la presa di coscienza civile. Forse quelle parole non sono mai invecchiate».

A ciascuno la sua maschera
«La scelta del cast è partita sicuramente da uno studio dei ruoli. Clara Galante interpreterà Tina Lagostena Bassi: Clara ha un percorso teatrale molto vicino a queste tematiche, e ha dimostrato anche una somiglianza poetica, nella passione civile, nel valore dei diritti delle donne, con il suo personaggio. Enzo Provenzano si calerà nella parte di Zeppieri, un uomo elegante, rispettabile, ma anche dotato, come Enzo, di quell'istrionismo che è tipico di numerosi avvocati in sede processuale. Il ruolo del giudice spetterà a Tullio Sorrentino, che con la sua voce particolare, con la sua caratterizzazione, mostrerà al pubblico un giudice apparentemente meno istituzionale, un po' da paciere, vicino paradossalmente ai giudici della realtà più che all'idea che abbiamo noi della magistratura. Francesco Lande, che nei suoi spettacoli teatrali ha già raccontato il popolo dal basso con il linguaggio della gente, rivestirà i ruoli degli imputati, persone che di fatto vengono dalla periferia. Quello di Simona Muzzi invece è un esordio completo: è stata mia allieva in alcuni laboratori teatrali a Roma e ho creduto che la sua fragilità potesse restituire la vulnerabilità della vittima».

Lo spettacolo andrà in scena fino al 26 marzo (eccezionalmente domenica 4 marzo alle ore 19; venerdì e sabato alle ore 22.30; domenica e lunedì alle ore 20).