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La storia

Storie di Natale: i ragazzi di San Marco al servizio di chi soffre

Le esperienze dei gruppi coordinati dalla Comunità Giovani dei Salesiani. Il contatto con anziani e i malati che cambia la vita

Incontrare la sofferenza nella quotidianità e farsene carico in un percorso di impegno umano e spirituale se non è scontato per gli adulti lo è ancora meno per i ragazzi che hanno sempre meno occasioni di uscire dal perimetro dell'individualismo in una società sempre più veloce e priva di riferimenti formativi. Ecco perché l'esperienza vissuta dai ragazzi dei vari gruppi apostolici della chiesa di San Marco coordinati dalla Comunità Giovani merita di essere raccontata, una realtà poco conosciuta portata avanti in punta di piedi, con la grazia, la cura e lo spirito di servizio che da sempre contraddistingue l'opera dei salesiani nella comunità di Latina. Si tratta di esperienze di servizio in preparazione all'Avvento – spiega Don Andrea Lupi - prima il banco alimentare effettuato dai ragazzi del biennio delle scuole superiori che si è rilevato da subito una possibilità di primi timidi passi nel servizio di giovani preadolescenti  che hanno aderito con entusiasmo all'incontro del 'tu per tu'. Una esperienza che fa capire davvero che senza il sì di una comunità non si può aiutare chi ha bisogno».

Poi per i ragazzi che frequentano il terzo anno delle superiori sono nate una serie di proposte che variano di anno in anno, gli incontri con anziani nelle case famiglia, gli incontri con giovani bambini nel reparto pediatrico. Quest'anno il servizio si è svolto alla casa di riposo Villa Claudia e i ragazzi hanno accompagnato gli anziani passando dei pomeriggi con loro, svolgendo alcune attività e facendosi raccontare le loro storie di vita. «E' stata una esperienza molto formativa e toccante per tutti noi, anche per chi non aveva i nonni e ha potuto rivivere esperienze passate» – spiega Maria, una delle ragazze cresciuta nei gruppi apostolici di San Marco, oggi universitaria, - che coordinaa il progetto dedicato ai ragazzi più giovani. «Siamo consapevoli che Dio ci incontra e ci aspetta nel cuore degli ultimi e dei più poveri e insieme agli animatori più grandi abbiamo pensato di orientarci verso esperienze di servizio che potessero preparare i ragazzi sia dal punto di vista personale che spirituale». Ma l'esperienza più forte è quella per i ragazzi degli ultimi due anni delle superiori è stata quella in collaborazione con l'hospice nella casa di cura San Marco dove risiedono malati che vivono e cercano il senso degli ultimi momenti della loro battaglia con la malattia provando a dare valore massimo e dignità alla vita.

«L'esperienza più straordinaria è stata questa – spiega ancora Don Andrea – è stato essere missionari lì in quei punti di umanità dove c'è bisogno di un segno di speranza, la speranza che poi accendono in noi e nei ragazzi quando torniamo a casa e ci raccontiamo quello che abbiamo vissuto. L'idea è nata tre anni fa quando io e un ragazzo siamo stati mandati in sostituzione di un ministro dell'eucarestia a portare la comunione ad Antonio. L'incontro con lui e sua moglie e la sua capacità di amare la propria donna accompagnandola nella malattia come se fosse il primo giorno del fidanzamento, ci ha lasciati esterefatti. Da quel momento abbiamo capito che questa esperienza doveva essere per tanti e per i giovani che si avvicinano all'età adulta. Abbiamo strutturato un servizio di durata mensile dove diversi ragazzi, dopo una formazione spirituale e psicologica, incontrano i malati. Ne sono emersi dei risultati incredibili, questo tipo di servizio cambia marcia al loro vivere, incontrare e perdonare. Perché Natale è quel mistero che si realizza quando due cuori vincono le distanze e si lasciano amare nella semplicità e nella fragilità».

E c'è chi ne esce cambiato. «L'esperienza che ho vissuto io è stata molto forte - spiega ancora Maria - i malati vivono uno stato di sofferenza continua che puoi leggere nei loro occhi, però quando arrivavamo noi quel dolore sembrava venisse messo da parte e a volte erano loro a voler fare qualcosa per noi. C'è stato anche il figlio di una signora, che purtroppo è morta e che avevamo conosciuto, che ha voluto incontrarci. La mamma gli aveva raccontato di quanto si era sentita ascoltata in quei giorni in cui eravamo stati lì. E' stata una delle esperienze più toccanti della mia vita e dal punto di vita spirituale farsi carico di questa sofferenza nella riflessione e nella preghiera è stato molto importante. Consiglierei questo progetto ad un ragazzo della mia età perché sono esperienze che non riusciamo a fare nella quotidianità, che ti fanno mettere in contatto con l'umanità vera. In quelle tre ore puoi accogliere l'altro e vivere in modo diverso il tuo turbamento e i tuoi problemi, sostenere gli altri ti permette di lasciare indietro un pezzo della tua sofferenza».

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