L'uomo dell'anno
31.12.2023 - 14:00
Quando la passione e il lavoro si fondono, diventando una cosa sola, si può arrivare ovunque, anche a raggiungere traguardi inimmaginabili, che probabilmente neanche ci si era prefissati. Ed è quello che è successo nel giro degli ultimi 12 mesi a Francesco Iberite, pontino doc, 31 anni, ricercatore e dottorando dell'istituto di Biorobotica dell'Università Sant'Anna di Pisa. Durante il 2023, Francesco stava facendo quello che ha sempre fatto: ha lavorato sodo, guardando al suo obiettivo, ossia quello di capire cosa si nasconde dietro la cosiddetta "mano fantasma", l'arto mancante a causa di sfortunati incidenti, amputazioni o per i più disparati motivi. È possibile fare in modo che anche chi ha perso l'arto sia in grado di capire, attraverso protesi dedicate, se un oggetto è morbido, duro, liscio o ruvido? Ma soprattutto, può sentire il caldo o il freddo? Ecco, è proprio riuscendo a rispondere a quest'ultima domanda che Francesco Iberite si è trovato, quasi inaspettatamente, a ritirare una serie di riconoscimenti illustri, a cui tutti i migliori professionisti del settore aspirano, ma che solo i migliori vincono.
Infatti, il lavoro di cui è stato primo autore, realizzato con il team supervisionato dal professore Silvestro Micera e dal senior scientist Solaiman Shokur, composto da Federico Morosato ed Emanuele Gruppioni, rispettivamente e direttore tecnico dell'area di ricerca del Centro Protesi Inail e Simon Gallo, co-founder e vertice della Technology at Metaphysiks, è stato talmente rilevante che è stato pubblicato dalla prestigiosa rivista Science, atto che sancisce l'importanza della scoperta. E non è finita qui: recentemente, Francesco Iberite si è ritrovato, con grande soddisfazione e altrettanta emozione, nell'elenco dei 40 Under 40 di Fortune Italia, ossia la lista dei migliori «giovani impegnati a cambiare il loro futuro e quello del nostro Paese - come si legge nella descrizione della stessa rivista - Accomunati da sana ambizione, coraggio, passione, sicurezza in sé e creatività, questi giovani hanno saputo acquisire importanti competenze, mettendoli poi a sistema e creando valore ovunque si siano impegnati».
Nel dettaglio, la ricerca ha portato a scoprire che, attraverso una tecnica innovativa sperimentata su diversi soggetti volontari, questi ultimi sono riusciti ad avvertire la sensazione di "caldo" o "freddo" nella cosiddetta "mano fantasma", ossia come se avessero ancora l'arto.
Per essere più specifici: se si posiziona qualcosa di caldo o freddo sull'avambraccio di una persona, quel soggetto, ovviamente, sentirà la temperatura dell'oggetto localmente, direttamente sull'avambraccio. Ma negli amputati, quella temperatura può essere percepita nell'arto mancante. Si è trattato di un lavoro estremamente complesso, come spiegato da Iberite. Si è partiti da una conoscenza nota, ossia che all'amputazione corrisponde ovviamente un taglio netto delle terminazioni nervose, le quali ricrescono in maniera incontrollata e differente in ogni soggetto. Questo comporta che gran parte dei soggetti, quando vengono toccati sull'avambraccio dell'arto amputato, hanno la sensazione di essere toccati sulla mano che hanno perso. Partendo da ciò, il ricercatore pontino e il team si sono posti una domanda: è possibile che questo concetto valga anche per la temperatura? La risposta arriva grazie a questo studio ed è: «Per alcuni soggetti sì».
Sottoponendo i soggetti a temperature diverse in maniera non invasiva, attraverso elettrodi termici posizionati sulla pelle dell'arto residuo, gli amputati hanno dichiarato di percepire la sensazione di caldo e di freddo nella loro "mano fantasma". Non solo: hanno anche saputo dire quale fosse il materiale "toccato", che si trattasse di bronzo, plastica o addirittura vetro.
Così facendo, attraverso la collaborazione tra Epfl, l'Università Sant'Anna e Centro Protesi Inail, il team ha eseguito numerosi test, ottenendo il risultato in 17 casi su 27, motivo per cui la scoperta ha meritato di essere pubblicata su Science.
Il lavoro di Francesco Iberite e di tutto il team non si ferma qui: «Già nei prossimi mesi - dichiara il ricercatore - proseguiremo lo studio del sistema presentato a maggio, che ora abbiamo intenzione di integrare in una protesi collegata alla mano artificiale. Una persona ha già avuto modo di sperimentarla e il feedback è stato positivo: riusciva a sentire se un oggetto fosse caldo o freddo». E quanto ci vorrebbe per rendere questa tecnologia a disposizione degli utenti? «Crediamo che questa tecnologia possa essere commercializzata in poco tempo, nel giro di qualche anno - conclude - Bisogna solamente capire come trasformare il dispositivo in un prodotto duraturo e quindi capace di resistere agli agenti esterni, ma già prevediamo che sarà una scelta vincente poiché non richiede un intervento chirurgico sul destinatario. Ed è bello immaginare che, un giorno non troppo distante, le persone saranno in grado di usufruire di questa tecnologia».
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