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Giuseppe Maiolo, Stefanelli ammette: "I nostri servizi sociali non vanno"

Il Presidente della Provincia interviene sulla vicenda del giovane deceduto. Autocritica (estesa agli altri sindaci) anche sulle feste che prevalgono sulla rete di assistenza

Ripensare l'emergenza sociale, potenziare le reti di protezione e abbassare un po' i toni e i costi di lucine e concerti che aiutano la pubblicità ma non risolvono i problemi. A una settimana dalla morte di Giuseppe Maiolo arriva la prima vera autocritica di un esponente amministrativo e viene dal Presidente della Provincia, Gerardo Stefanelli. Che ammette il deficit strutturale dei servizi sociali. Non funzionano perché sono modulati su un'impronta non più attuale e, inoltre, la rete dell'assistenza è portata avanti da precari. Nel lungo documento di Stefanelli, a parte l'autocritica che abbraccia l'amministrazione di un intero territorio, c'è lo specchio dell'assistenza sociosanitaria, di come è ridotta, nel silenzio, svegliata adesso dalla morte di un sedicenne sfortunato ma anche abbandonato. «Vorrei, da amministratore, invitare tutti ad un'analisi più profonda del sistema di protezione sociale che i nostri uffici comunali devono caricarsi, con strumenti, organici e risorse umane generalmente non all'altezza dal punto di vista quantitativo. - scrive Stefanelli - I fabbisogni crescenti, dovuti alle nuove fragilità sociali, si uniscono in maniera significativa ogni giorno alle problematiche storiche di marginalità presenti nelle nostre comunità, in un momento in cui a cambiare sono stati anche le modalità di esternazione di malesseri profondi. Il sistema di presa in carico di questi bisogni si è trovato nelle condizioni di non riuscire più a garantire le risposte che per legge dovremmo dare, sia in termini di responsabilità istituzionale che di coscienza morale. In tutto questo, si è creato come uno scollamento con una realtà complessa, che viaggia veloce anche in termini di bisogni e fragilità, mentre il sistema che dovrebbe gestirli è bloccato al suo interno da un immobilismo istituzionale, dove vane sono state le richieste di costruire un paradigma più dinamico e vicino ai territori. Adesso, di fronte a queste palesi difficoltà, c'è il bisogno urgente di introdurre un nuovo modello di organizzazione, che attraverso la cooperazione tra enti e istituzioni di grado diverso, possa rafforzare la nostra capacità di risposta». Il documento rivela, peraltro, che le falle nel sistema di protezione sociale pubblica non era un mistero per nessuno, men che meno per i Comuni.

«Da mesi - ammette il Presidente della Provincia - purtroppo chiediamo una maggiore attenzione alle tematiche sociali e un'accelerazione sull'iter di costituzione del consorzio intercomunale dei servizi sociali. Questa richiesta non ha ancora avuto le dovute risposte né per la costituzione di un consorzio, né per la costruzione di una cabina di regia tecnico professionale tra i vari uffici comunali. Un anno fa, in occasione di una riunione del distretto sociale presso il Comune di Minturno, avevo posto con forza i temi della necessità di dare stabilità ai professionisti incaricati dal distretto, evitando che il loro patrimonio di conoscenza delle problematiche esistenti venisse vanificato da un sistema che non sa premiare i professionisti né garantire loro la continuità e la stabilità necessari per una completa gestione del tessuto sociale. Dobbiamo combattere questo disinteresse diffuso. Abbiamo bisogno di rompere le cornici opprimenti entro le quali sono stati reclusi i servizi sociali, ripensando completamente la loro gestione verso forme sempre più integrate e coordinate tra sociale e sanità, in grado di accogliere i cambiamenti di una società in continua evoluzione, che non può conoscere confini comunali. Mentre luccicano le strade e le piazze si riempiono di risate e di musica, le nostre comunità iniziano a sfaldarsi, i nostri giovani a perdersi, le nostre reti familiari e sociali ad indebolirsi oltremodo. I Comuni non possono essere solo degli intrattenitori, ma devono ritrovare la loro primaria funzione di erogatori di servizi, in un sistema partecipato e condiviso, dove la loro gestione non esista sono in forme esternalizzate, ma sia sempre più riconducibile ad una nuova centralità amministrativa. Sleghiamoci dalle dinamiche del consenso, perseguiamo una strada diversa che sappia guardare dall'interno le nostre comunità. Il lavoro lento e continuo del sociale non regala prime pagine, riemerge dal silenzio in cui è rilegato sono quando esplodono casi mediatici, ma esiste ed è nostro compito tutelarlo e accompagnarlo verso il suo consolidamento. Il mio invito ai Comuni tutti è di ripensare insieme una nuova gestione dell'emergenza sociale che viviamo e adoperarci attivamente per costituire un sistema unico».

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