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Giudiziaria

Processo "Alba Bianca", la cocaina “affidata” al gatto

L'udienza per quattro degli indagati nell'operazione che ha sgominato un sodalizio dedito allo spaccio di droga. L’episodio singolare emerge dalla testimonianza di un carabiniere

Si è tenuta ieri in Tribunale a Latina una nuova udienza del processo a carico di quattro soggetti finiti nell’inchiesta dei Carabinieri denominata Alba Bianca su un sodalizio di soggetti, per lo più di origine albanese, che gestivano lo spaccio tra Giulianello e Cori e che avevano stretti contatti con altri sodalizi operanti a Roma e a Velletri.

A giudizio quattro indagati, visto che i procedimenti si sono divisi con sette degli arrestati già giudicati con il rito abbreviato: Ermal Arapaj, Vilajet Koci, Francesca Coluzzi e Daniel Hysa. Ieri in aula ha parlato uno degli investigatori dell’Arma in servizio presso il Comando stazione di Cori ricostruendo i rapporti tra il Koci, lo spacciatore che operava in casa, nonostante fosse agli arresti domiciliari, nel cuore del borgo vecchio, la compagna che non viveva con lui ma che lo aiutava nello spaccio e soprattutto, essendo libera di uscire, lo riforniva di cocaina. Poi gli altri due che fungevano praticamente da collante con il gruppo egemone gestito da tre fratelli di origine albanese e fornivano la cocaina ai pusher. L’arresto di Arapaj poi, che era sfuggito alle manette in un primo momento, risultò particolarmente eclatante visto che l’uomo aveva lasciato la provincia pontina per andare a Porto San Giorgio. Qui, all’arrivo dei Carabinieri, si barricò in casa. Quando i militari riuscirono ad arrestarlo, lo trovarono in possesso di una pistola e di una maschera facciale in lattice, come quelle usate nei film di spionaggio.


Ieri in udienza, il carabiniere ascoltato come teste, ha ripercorso le fasi delle indagini che risalgono ad alcuni anni fa, a partire dal 2019. E ha riferito di una delle attività in particolare che li ha portati a seguire la donna recatasi dall’Hysa a prelevare alcuni grammi di cocaina per circa 650 euro. Quindi quest’ultimo, visto che la Coluzzi non aveva auto e avrebbe dovuto prendere la corriera, l’ha accompagnata a casa del Koci. E qui è scattata la perquisizione. Durante quelle fasi di controllo in casa, la donna avrebbe preso una bustina di cocaina che aveva in tasca - non era stata sottoposta ancora a perquisizione per l’assenza di un carabiniere donna - e fingendo di prendere il gatto che girava per casa per metterlo fuori in modo da non intralciare le operazioni, gli avrebbe attaccato l’involucro sotto al petto con il nastro isolante che lo chiudeva. Ma la mossa non è sfuggita ai militari che hanno recuperato la droga.


L’udienza ha anche permesso di appurare che lo spacciatore, Koci, aveva inizialmente fatto sempre riferimento al gruppo dei fratelli Kanani, ma con una serie di arresti sopravvenuti nel tempo, aveva optato per l’Hysa che viveva a Giulianello. Emerge una vera e propria egemonia, un monopolio in mano “agli albanesi” del traffico di cocaina. Un’attività molto redditizia portata avanti anche con scaltrezza, con una grande capacità di adattarsi agli eventi e agli imprevisti, con nascondigli per la droga sparsi in tutto il territorio, boschi compresi.
Come detto mancano in questo processo in corso a Latina, gli arrestati più “illustri” quelli che avevano rapporti, spesso anche conflittuali con altri sodalizi di Velletri tornati alla ribalta proprio in questi giorni dopo la trasmissione 100 Minuti. Per la cronaca, Arapaj è difeso dall’avvocato Ascanio Cascella, già sindaco di Velletri.

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