Il Cinema nella fabbrica
13.05.2025 - 14:32
Se con i “7 minuti” di Michele Placido abbiamo incassato l’impatto violento di un pugno sferrato dritto alla coscienza dell’Italia ferita dalla piaga del precariato, “Elda” è la carezza del sogno che lenisce il dolore e porta nuova luce sulla vita e il lavoro all’interno delle fabbriche. Proviamo a immaginare un tempo, uno spazio in cui il lavoro è strumento di fioritura e di emancipazione, una forma precisa di libertà. Un esercizio complesso, soprattutto di questi tempi, che con “Elda” diventa estremamente semplice.
«Vi basterà seguire il filo». Il suggerimento arriva da Massimo Ferrari, il regista del corto prodotto da MAGA Production (con Fabio Lanciotti direttore della fotografia ed Enrico de Divitiis assistente operatore), la cui struttura nasce dalla passione di tutti coloro che hanno contribuito a dare vita al progetto ideato da Massimo Marini e Daniela Cavallo.
Un gomitolo di relazioni, amicizie che si scioglie ripercorrendo ricordi impressi su istantanee i cui contorni sembrano quasi volatilizzarsi ma poi tornano e riprendono vita nei colori della Dublo, quella “fabbrica amica” che abbiamo imparato a conoscere con “7 minuti” di Michele Placido, “Contromano” di Antonio Albanese, la serie Prisma, e in altre occasioni in cui il luogo di lavoro, le macchine, le persone, sono andati in scena. Ecco che lo sfondo, il “dove”, non è un asettico passivo ma il reale nella sua forma più umana che prende vita incarnandosi nell’intreccio di tempi sovrapposti e distinti, storie collettive e personali dove tutti i personaggi fanno parte di una storia in grado di rivelare l’incredibile del quotidiano.
In fondo era questo lo scopo del Premio Film Impresa, il festival promosso da Unindustria, nato per valorizzare, esaltare e raccontare la realtà delle imprese e di chi ci lavora, dedicato all'impresa italiana che si svela raccontando la sua storia e l'origine della produzione industriale.
Ferrari torna a girare dopo 10 anni dalla collaborazione con Placido: “Provo a narrare la storia della Dublo, fabbrica storica del territorio pontino, non sotto forma di spot ma come avventura legata al lavoro delle donne e ai valori scritti nell’art.1 della Costituzione. Massimo Marini mi ha suggerito di contattare un’operaia storica che ha cominciato a lavorare qui negli anni 50; lei è stata la nostra ispirazione. Dalla sua infanzia al giorno in cui va in pensione, le fasi della sua vita sono cuciti da bambini che giocano con dei fili e foto antiche» racconta il regista. Insomma, quello che vediamo in scena non appartiene a scenari utopici lontani da verità ben più drammatiche, è anzi il riflesso diretto delle emozioni sincere di molte operaie della Dublo che hanno scelto di mettersi in gioco e recitare un ruolo cucito su misura: quello della loro vita. Con loro Lorenza Indovina, attrice scelta per autenticità e capacità di creare rapporti sinceri, riveste i panni della protagonista Elda. Sembrano infatti conoscersi da una vita, Lorenza e le sue “colleghe”.
Tra sorrisi e chiacchiere scambiate nelle pause tra un ciak e l’altro, capire chi indossa la divisa verde solo da pochi giorni è veramente difficile. «Mi ha toccato particolarmente vedere come queste donne siano parte della fabbrica stessa, ci tengono come fosse una seconda casa e lo è, a tutti gli effetti. Oggi molte delle operaie sono in pensione ma continuano a commuoversi quando ricordano quei giorni fatti di gioia e di fatica.
Si vogliono bene veramente, c’è un sentimento di amicizia reale e non è affatto scontato»: Lorenza Indovina dedica queste parole alle compagne operaie e così incarna il senso di un lavoro che ha il non semplice obiettivo di raccontare le fabbriche viste dall’interno attraverso lavori capaci di ispirare e di emozionare, di comunicare valori, di lanciare messaggi di grande impatto del rapporto dell’impresa con il territorio, con la società e l’immaginario.
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione