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Dalla provincia pontina ai ring del mondo

La pugile più messicana d’Italia: Camilla Panatta, da Latina al sogno mondiale

Il 19 dicembre sfiderà a Londra Caroline Dubois per la cintura iridata

La pugile più messicana d’Italia: Camilla Panatta e il sogno mondiale a Miami

Ha iniziato al Foro Appio di Borgo Faiti a Latina quando aveva 12 anni, poi lasciò. Torno al pugilato a Roma e successivamente quando si trasferì prima in Messico e ora in Florida. Venerdì sera, 19 dicembre, a Londra andrà andrà all'assalto del titolo mondiale, pesi leggeri, Wbc. Stiamo parlando di Camilla Panatta. Trentaquattro anni, di Latina, ha combattuto per anni pagando di tasca propria, ora la sfida a Caroline Dubois per il titolo mondiale Wbc dei leggeri davanti a 20 mila spettatori e a milioni di utenti Netflix. «Qui la boxe è sopravvivenza, non carriera sicura», ha tenuto a precisare nell'immediato confronto della sua vita. 

La chiamano “la chica italiana más mexicana”. Camilla Panatta, pugile, 34 anni, di Latina, in Messico è diventata quasi un personaggio. A fine novembre era attesa da una delle tante lotte per la sopravvivenza, destino di chi sceglie la boxe a certe latitudini: match previsto a Naucalpan de Juárez, borsa modesta, routine logorante. Poi la telefonata che le ha cambiato la vita. "Stavo preparandomi senza entusiasmo, ero stanca. Chiama la mia manager e mi chiede se sono pronta per combattere a Miami il 19 dicembre contro Caroline Dubois, per il titolo mondiale dei leggeri Wbc, il più prestigioso. Nella card del match tra Jake Paul e Anthony Joshua. Un sogno".

La storia - "Ho seguito mia madre in Florida. All’inizio lavoravo nella ristorazione, poi con il Covid era impossibile reggere un lavoro così e la boxe. Ho scelto la seconda. Quando ero in Italia ero la prima a voler entrare nei gruppi sportivi militari. Ma era una mentalità sbagliata, l’ho capito cambiando continente. In Messico combattono tutti i fine settimana, a 15 anni hanno 100 match. Quella è la boxe vera. Amo l’Italia, ma in Usa e Messico i miei interessi hanno più spazio. Se tornassi cosa mi metterei a fare? Aprirei una palestra, mi inventerei promoter per far guadagnare 500 euro a match? Preferisco restare qui, magari per aiutare i pugili italiani che vorrebbero fare il salto di qualità qui. Io ho dovuto fare tutto da sola”.

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