La palude pontina guarda con una certa apprensione a quello che sta accadendo in Emilia Romagna e si domanda quale miracolo l'abbia finora preservata dal rischio di un allagamento generalizzato del territorio. Il Direttore generale del Consorzio di Bonifica Lazio Sud Ovest, l'ingegnere Natalino Corbo, ci aiuta a capire e a trovare delle risposte.
Direttore, nonostante le precipitazioni e la drammaticità di quello che sta accadendo in Emilia Romagna il nostro territorio è indenne, almeno per ora, da conseguenze pesanti dovute alle condizioni meteorologiche avverse. Perché?
«Non corriamo rischi, almeno per il momento, perché da noi sta piovendo diversamente rispetto al nord Italia, in maniera regolare e non con interventi meteorici eccezionali. I nostri impianti non sono stati messi sotto sforzo. Il sistema del nostro reticolo idrografico e delle idrovore ci tiene al riparo perché sta funzionando come si deve».
Dunque non corriamo alcun pericolo?
«E' chiaro che in regimi pluviometrici come questo ci sono comunque aree più esposte a sofferenze, perché sono abbondantemente sotto il livello del mare, come Quartaccio e alcune zone di Fondi. Quando piove a lungo gli impianti lavorano, ma sono delle vasche e come tali soggette a riempirsi e ad allagare. Non si può pensare di salvaguardare in assoluto quelle aree da allagamenti, perché è tecnicamente e ingegneristicamente impossibile. E' un miracolo che si riesca a smaltire l'acqua».
Quali sono in questa fase particolare le criticità maggiori?
«Il reticolo idrografico non è sufficientemente manutenuto, spesso per l'impossibilità di accesso impedito dalle recinzioni. Troviamo scuole, supermercati e altri manufatti sorti lungo canali sulle cui sponde ci è impedito l'accesso con i nostri mezzi, con i quali non possiamo muoverci e dunque intervenire. In una zona ampiamente urbanizzata come il territorio pontino e intensamente sfruttata, è diventato complicato fare manutenzione».
Vuol dire che le zone urbane sono le più esposte ai fattori di rischio idrogeologico legati alle condizioni meteo?
«Grosso modo è così, anche se non s tratta di una condizione generalizzata. Noi ci stiamo concentrando moltissimo sulle aree urbane di concerto con sindaci e commissari, con i quali abbiamo un filo diretto e costante, e le amministrazioni locali cooperano con noi per la gestione di canali di loro competenza: i sindaci ci chiedono di mettere a loro disposizioni il nostro know how, i nostri mezzi e i nostri uomini per proteggere gli ambienti urbani che resterebbero altrimenti indifesi».
Negli ultimi anni il Consorzio ha cercato di fare molto attraverso la ricerca di finanziamenti a progetti programmatici. Quanto vale questa strategia?
«Nelle aree più critiche abbiamo presentato progetti e ottenuto finanziamenti, e interveniamo in situazioni che non sono più quelle che dovrebbero essere, vedi Canale Elena in zona San Felice-Sabaudia. E poi sul canale Selcella, dove è in ballo un progetto da sette milioni di euro. Questo per noi è il modo di fare prevenzione. Progettare in tempi di relativa tranquillità, cioè fuori dalle emergenze, ci consente di anticipare eventuali situazioni di difficile gestione. Non bisogna mai dimenticare che i nostri interventi maggiori possono riguardare più o meno contemporaneamente dieci canali su distanze di dieci chilometri ciascuno, ma la nostra rete idrografica è fatta di cinquemila chilometri di canali, e non possiamo essere dappertutto. Credo però di poter dire che sappiamo scegliere dove agire prima piuttosto che dopo».
Anche tenendo conto della ciclicità delle vostre attività?
«Noi oggi ci svegliamo a intervalli di sei mesi mossi dalle emergenze, sempre sul filo dell'altalena siccità-allagamenti. Un mese fa il nostro problema drammatico era quello della siccità e lavoravamo su una campagna di misurazione delle portate dei canali per capire cosa sarebbe accaduto a luglio e come saremmo dovuti intervenire per affrontare la penuria d'acqua in tempi di irrigazione dei campi. Oggi siamo storditi dalle immagini dell'Emilia Romagna e avvertiamo fortemente il problema del dissesto idrogeologico. La politica e i governi devono sapere che è necessario provvedere alla manutenzione dei territori, perché il benessere di un Paese come il nostro non è tanto nel realizzare nuove opere, ma nella capacità di mantenere il patrimonio di cui dispone. E mi si permetta di dire che i famosi piani di manutenzione delle opere che si trovano ormai in tutti i codici e in tutti i regolamenti tra i quali ci districhiamo ogni giorno, prevedono interventi che non vengono mai finanziati».
Torniamo a parlare di siccità. Le piogge di queste settimane ci allontanano dall'emergenza che potrebbe sorprenderci tra un paio di mesi, oppure no?
«Sono un ingegnere e ragiono sui numeri. Le ultime misurazioni a inizio maggio mi davano una situazione molto preoccupante, perché gli indici sulla portata futura dei canali erano inferiori alle medie storiche, tra i peggiori, come nel 2017 quando dovemmo chiudere gli impianti perché i canali erano vuoti. Non faccio il cartomante, le prossime misure ci daranno indicazioni migliori, ma non mi sento di fare salti di gioia perché torno a ripetere che siamo di fronte a precipitazioni comunque regolari, e non sappiamo quanto possano avere inciso nel rimpinguare le falde acquifere del sottosuolo. Mi auguro comunque che qualcosa sia cambiato rispetto agli indici di tre settimane fa, il che ci consentirebbe di affrontare a testa alta la stagione estiva in arrivo e garantire ai nostri consorziati il servizio che si aspettano di avere da noi».