Il fatto
12.07.2025 - 11:00
Hai costruito un immobile abusivo? Hai provato a sanarlo? Hai subito una probabile truffa da parte di un professionista a cui ti sei affidata per la pratica che hai scoperto non essere mai nemmeno partita? Per il Tar tutto questo non sana la posizione dell’immobile o della proprietaria, pertanto l’ordinanza di demolizione resta del tutto valida.
Si è infatti vista respingere il ricorso presentato al Tar una donna proprietaria di un immobile realizzato tra il 2008 ed il 2009 senza alcun tipo di autorizzazione. Nove anni dopo l’ultimazione dei lavori, e quando oramai viveva in quella casa da tempo, la donna ha deciso di provare ad ottenere una sanatoria. Si è quindi rivolta ad un tecnico di sua conoscenza perché seguisse e curasse la pratica di regolarizzazione. Era il 2017. E questo tecnico le avrebbe in pochi mesi fatto ottenere la sanatoria tanto desiderata. Aveva anche la pratica con un numero di protocollo. Eppure qualche annoi dopo, quando la donna ha deciso di provare ad ottenere gli allettanti benefici fiscali per effetture importanti migliorie e ristrutturazione dell’immobile il nuovo tecnico ha scoperto che quella casa era ed è sempre stata abusiva. Non vi erano tracce di un istanza né, naturalmente, della concessione di un titolo edilizio in sanatoria. La pratica non era mai stata avviata. E così non solo lei ha scoperto di essersi affidata ad un probabile truffatore, ma gli uffici comunali hanno appreso dell’esistenza dell’immobile e qualche mese dopo, nel 2022, è scattata l’ordinanza di demolizione.
La donna si è rivolta ad un avvocato ed ha impugnato l’atto del Comune chiedendo anche il riconoscimento di una sorta di sanatoria alternativa legata al riconoscimento di una improbabile prescrizione dell’abuso edilizio. Come se il tempo passato di per sé potesse rendere sanato qualcosa realizzato senza alcun tipo di autorizzazione per il solo passare del tempo.
Il collegio del Tar ha quindi riconosciuto che «Prescindendo dalla buona fede della parte ricorrente nell’aver richiesto un titolo in sanatoria, invero mai perfezionatosi, e tenendo da parte l’accertamento sul piano civilistico e penalistico della condotta di falso, del tutto irrilevante in questa sede, nel caso di specie deve concludersi che nessun legittimo affidamento possa dirsi sussistente, dovendo questa condizione oggettiva e subiettiva rapportarsi – non alla domanda del 2017 – ma alla situazione di abuso realizzata quasi un decennio prima, allorquando la ricorrente ha costruito un immobile senza alcun titolo edilizio, ben consapevole della violazione delle norme edilizie ed urbanistiche».
Il collegio del Tar Lazio, ha però anche voluto ricordare, in merito alla richiesta del riconoscimento della prescrizione di un abuso, che «D’altra parte, nessuna prescrizione può ritenersi perfezionata, alla luce della natura permanente dell’abuso, in considerazione dei consolidati approdi interpretativi della giurisprudenza amministrativa in materia, che escludono la configurabilità di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente che il tempo non può legittimare in via di fatto, specie laddove ricorrano opere ab origine abusive, mai legittimate da titolo alcuno».
E così il ricorso è stato respinto, la donna dovrà anche pagare 2mila euro di spese di giudizio e l’ordinanza di demolizione resta valida. Per la proprietaria l’unica strada al momento è quella di chiedere al Consiglio di stato, l’organo di appello della magistratura amministrativa, di ribaltare la sentenza di primo grado. Altrimenti dovrà demolire l’abitazione in cui vive dal 2009.
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