Il dossier
20.10.2025 - 21:00
Gli italiani più felici al lavoro? Vivono tra le montagne. Secondo l’ultimo report dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, basato sull’indagine Bes-Istat 2023, le aree geografiche con il più alto livello di soddisfazione professionale sono Aosta, Trento e Bolzano, territori dove oltre sei lavoratori su dieci dichiarano di “amare” il proprio mestiere. In particolare, la Valle d’Aosta si piazza al primo posto con il 61,7% di occupati soddisfatti.
Complessivamente, in Italia sono 12,2 milioni gli addetti, vale a dire il 51,7% del totale, che affermano di provare un alto grado di apprezzamento per la propria attività, valutando fattori come la stabilità, l’orario, la distanza da casa e le opportunità di carriera.
In testa alla classifica spiccano dunque le regioni alpine, dove il tessuto produttivo è composto da piccole imprese radicate nel territorio e da un forte equilibrio tra lavoro e qualità della vita. Ambienti a misura d’uomo, paesaggi incontaminati e un’economia diffusa basata su artigianato, turismo e servizi locali contribuiscono a un benessere lavorativo che sembra difficile replicare altrove.
L’Umbria (58,2%), il Piemonte (57,1%) e le Marche (55,4%) completano il gruppo delle regioni più soddisfatte, mentre in coda si trovano Calabria, Basilicata e Campania, dove meno della metà degli occupati dichiara di essere contenta del proprio impiego. In Campania, in particolare, il tasso di soddisfazione scende al 41,2%, il più basso del Paese.
Il Lazio e lo smart working
Pur non comparendo ai vertici della “felicità lavorativa”, il Lazio emerge in un ambito diverso ma sempre più strategico: quello del benessere aziendale legato alla flessibilità e all’innovazione. Nel 2023, il 20,9% degli occupati laziali ha lavorato da remoto, il valore più alto in Italia, ben oltre la media nazionale e quasi il doppio rispetto alla Lombardia (15,6%) e alla Liguria (14,9%).
Un primato che riflette la forte presenza di settori pubblici, digitali e dei servizi avanzati, dove lo smart working è ormai parte integrante della cultura organizzativa. Questo modello, spiega la Cgia, contribuisce a una nuova forma di equilibrio: meno tempo negli spostamenti, maggiore autonomia e un miglior rapporto tra vita privata e lavoro, soprattutto nelle grandi città.
Tuttavia, la regione mostra anche luci e ombre: la concentrazione di contratti precari e part time involontari rimane significativa, e la percezione di insicurezza occupazionale, pur inferiore alla media del Sud, è ancora presente. Il Lazio, insomma, rappresenta un laboratorio del lavoro del futuro: più digitale, flessibile, ma non sempre stabile.
Nord solido, Sud in difficoltà
Dall’elaborazione della Cgia emerge che, oltre alla felicità individuale, il “benessere aziendale” – un indice che considera dieci parametri tra cui precarietà, tasso di occupazione, irregolarità, retribuzioni e infortuni – è guidato dalla Lombardia, seguita dalla provincia autonoma di Bolzano, dal Veneto, dalla provincia autonoma di Trento e dal Piemonte.
All’estremo opposto si trovano Sicilia, Basilicata e Calabria, penalizzate da alta disoccupazione, lavoro nero e precarietà cronica. In Calabria, ad esempio, quasi un lavoratore su cinque è irregolare e oltre il 25% ha un contratto a termine da più di cinque anni.
La Cgia sottolinea come la geografia del lavoro felice coincida, in gran parte, con quella della qualità della vita e dell’efficienza produttiva. Dove l’economia è più sana e il capitale umano più valorizzato, anche la soddisfazione personale cresce.
Piccole imprese e territorio
Il rapporto mette in luce un elemento trasversale: le realtà produttive di dimensioni contenute, radicate nel territorio e legate alle tradizioni locali, favoriscono una percezione più alta di benessere. In montagna, nelle aree rurali o nei distretti artigiani, il lavoro non è solo un mezzo di reddito ma anche un elemento identitario. Questo modello, secondo la Cgia, contribuisce non solo alla coesione sociale, ma anche alla sostenibilità economica e ambientale. Le imprese locali, infatti, preservano la cultura dei luoghi e mantengono un equilibrio con l’ambiente, offrendo un contesto di vita e lavoro più umano.
Nel complesso, il quadro tracciato dallo studio restituisce un’Italia a due velocità: da un lato, regioni virtuose dove il lavoro resta fonte di soddisfazione e identità. Dall’altro, aree in cui precarietà e scarsa valorizzazione professionale continuano a pesare.
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