Una nuova campagna che si apre con le stesse preoccupazioni degli ultimi anni. L’olivicoltura pontina, secondo Confagricoltura Latina, continua a pagare un prezzo altissimo ai cambiamenti climatici, alla siccità prolungata e alle estati troppo calde. Il risultato è ancora una volta un calo produttivo significativo, nonostante una primavera ricca di fioritura: l’allegagione è stata bassa e il potenziale di raccolta resta insufficiente per invertire la tendenza negativa degli ultimi tre-quattro anni.
Il territorio pontino, che conta circa 7.400 ettari di oliveti, oltre 2.000 aziende attive e 37 frantoi, rappresenta un pilastro dell’olivicoltura laziale. Le aree collinari da Rocca Massima a Cori, fino a Minturno e Castelforte, custodiscono cultivar pregiate, prima fra tutte l’Itrana, fiore all’occhiello della provincia. Una varietà capace di produrre oli monocultivar di altissima qualità, premiati in concorsi nazionali e internazionali, e olive da mensa riconosciute in tutto il mondo.
Eppure, il settore fatica a tradurre questo potenziale in un reale vantaggio economico. La frammentazione produttiva, la carenza di organizzazione commerciale e la persistente sottodichiarazione dei volumi restano nodi critici che penalizzano i produttori più virtuosi, limitando trasparenza e accesso ai fondi pubblici.
Per superare questa fase, Confagricoltura Latina – attraverso il presidente Luigi Niccolini e il direttore Mauro D’Arcangeli – lancia un piano di rilancio articolato. La proposta punta sulla semplificazione amministrativa, sulla regolarizzazione della produzione, sugli incentivi alla tecnologia e alla riconversione varietale, oltre che sul rafforzamento della DOP Colline Pontine e delle certificazioni di qualità.
Fondamentale anche lo sviluppo dell’oleoturismo, un segmento in forte crescita, e il posizionamento dell’olio pontino nei canali HoReCa e nella GDO premium. Una strategia che deve poggiare sulla narrazione delle specificità territoriali: autenticità, tracciabilità, identità del paesaggio.
“Il consumatore oggi premia chi produce con trasparenza e rispetto del territorio – ribadiscono Niccolini e D’Arcangeli – e la provincia di Latina ha tutte le prerogative per rispondere a questa domanda”. Serve però una governance condivisa, che metta al centro sostenibilità, innovazione e tutela del patrimonio rurale. Solo così, concludono, l’olivicoltura pontina potrà aprire un nuovo ciclo di crescita, trasformando la qualità già riconosciuta in un vero motore di sviluppo economico.
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