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Ambiente

Lazio fanalino di coda nella differenziata: rifiuti all’estero e deficit impiantistico zavorrano la regione

Dal nuovo Catasto Rifiuti emerge un quadro critico: il Lazio è penultimo in Italia per raccolta differenziata e spedisce oltre 750mila tonnellate di rifiuti fuori regione e in mezza Europa

Lazio fanalino di coda nella differenziata: rifiuti all’estero e deficit impiantistico zavorrano la regione

La pubblicazione del Catasto Rifiuti 2025 dell’Ispra conferma le difficoltà strutturali del Lazio nella gestione dei rifiuti. Nonostante una produzione complessiva in linea con la popolazione – 2,9 milioni di tonnellate l’anno, pari al 9,7% del totale nazionale – la regione si colloca al penultimo posto in Italia per raccolta differenziata, raggiungendo appena il 56,2%, contro una media nazionale del 67,7%. Peggio fa solo la Sicilia.

L’unica provincia a superare la soglia del 65% prevista per legge già nel 2012 è Viterbo (67,3%). Seguono Latina al 64,3%, Frosinone al 63,7%, Rieti al 59,1% e Roma al 54%, ancora lontana dagli standard minimi. E proprio la Capitale, con 1,64 milioni di tonnellate annue e 598 kg di rifiuti pro capite, rimane la città italiana che produce più rifiuti in assoluto, pur crescendo lievemente nella differenziata.

Ma ciò che emerge con più forza dal rapporto Ispra è la gravissima carenza impiantistica. Nel Lazio mancano strutture sufficienti per il trattamento dell’organico – che rappresenta il 37% dei rifiuti – con biodigestori del tutto assenti in province cruciali come Frosinone. Piccoli impianti esistono solo in parte di Latina e Viterbo, mentre Roma sta realizzando due biodigestori a Cesano e Casal Selce.

La conseguenza? Un enorme flusso di rifiuti fuori regione e persino fuori Italia.
Dal solo trattamento meccanico-biologico (TMB) partono ogni anno:

  • 655.546 tonnellate verso impianti italiani

  • 107.396 tonnellate verso l’estero

Numeri impressionanti, che portano i rifiuti laziali fino a Cipro (25.601 t), Olanda (53.203 t), Grecia (14.009 t), Danimarca, Portogallo, Finlandia, Svezia, Austria, Germania.

Un’emorragia costosa per le casse pubbliche e devastante dal punto di vista ambientale.

«Nel Lazio il ciclo virtuoso dell’economia circolare fatica enormemente ad avviarsi», denuncia il presidente di Legambiente Lazio Roberto Scacchi. «Oltre 150 comuni non raggiungono il 65%, Roma è ripartita solo ora dopo dieci anni di paralisi, e il deficit impiantistico costringe a spedire rifiuti ovunque, in Italia e in Europa. Il costo economico e ambientale è insostenibile».

Per Legambiente la priorità è chiara: sbloccare gli impianti per l’organico, soprattutto in provincia di Frosinone, dove progetti fermi da oltre dieci anni attendono un via libera. «La Regione deve accelerare gli iter autorizzativi. Solo così si può aprire una fase nuova e avviare davvero il Lazio nel ciclo sano dell’economia circolare».

Dal Catasto ISPRA arriva dunque un messaggio netto: senza impianti moderni, la differenziata non basta. E il Lazio continua a pagare il prezzo – inquinante e salato – dei suoi ritardi.

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