Il 6 gennaio in tutta Italia si celebrano l'Epifania e la chiusura delle festività natalizie, ma a Roccagorga, da 106 anni, il paese lepino si ferma per rendere il giusto omaggio alle vittime degli scontri del 6 gennaio 1913, nei quali persero la vita sette persone, tutti cittadini rocchigiani (il più anziano Salvatore Ferrarese, di 54 anni, il più giovane il piccolo Carlo Salcani, di soli 5) che si trovavano in quella piazza, che all'epoca era intitolata a Re Vittorio Emanuele, per protestare contro una situazione di degrado economico e igienico sanitario nei quali versava questo lato dei Monti Lepini, all'epoca provincia di Frosinone: «L'eccidio di Roccagorga - ha esordito nel suo intervento il vicesindaco, Sante Tullio - non è un fatto circoscritto, ma rappresenta una pagina storica di portata estesa, che coinvolge la politica regionale e nazionale, che merita un riconoscimento attualizzato quale simbolo per la garanzia dei diritti a cui noi tutti oggi ci ispiriamo e che con tenacia e con fermezza dobbiamo difendere». Nel suo intervento il vice sindaco di Roccagorga ha ricordato le sette vittime dell'eccidio, spiegando che come il loro sacrificio abbia fatto maturare in ogni cittadino di Roccagorga quella sensibilità democratica, il gusto alla partecipazione politica, alla discussione e al dialogo che probabilmente, senza di loro, non ci sarebbe: «Le generazioni di quell'epoca - ha proseguito Sante Tullio - hanno sperato e lottato per costruire per loro, per i propri figli e per le generazioni future, un mondo migliore, dove tutti devono avere pari dignità, pari opportunità, stessi diritti e doveri. Dobbiamo ringraziarli - ha proseguito davanti a decine di concittadini radunati in piazza VI gennaio - per aver lottato, non aver mai abbassato la testa e per essere riusciti in questa battaglia di civiltà». Nel corso dell'evento, accompagnato dalla banda musicale "Giuseppe Verdi", è stata deposta una corona d'alloro.