Le varianti impossibili, nell'era Lbc, passano per il Servizio Attività Produttive-Suap, l'ufficio capace di trasformare in progetti quei sogni altrimenti difficili da realizzare. Gli ostacoli di natura urbanistica, vengono letteralmente spianati dai tecnici del commercio e il caso dell'ex cinema Giacomini, solo l'ultimo della serie, non fa altro che confermare questa tendenza. Eppure parliamo di un settore tanto strategico quanto delicato, sul quale l'attuale amministrazione comunale vive da sempre una situazione di stallo che riflette l'incertezza dell'economia pontina.
In un contesto storico bisognoso di strategie decise, la Giunta guidata dal sindaco Damiano Coletta non ha ancora un assessore alle attività produttive: dopo le dimissioni di Felice Costanti e Giulia Caprì, la delega è rimasta in mano al primo cittadino. Ma non è l'unico problema che l'esecutivo municipale sta vivendo dal punto di vista della pianificazione, sul fronte delle varianti che riguardano i volumi commerciali finora è mancato quel dialogo assolutamente necessario tra il Suap e l'Edilizia Privata. Una sinergia che sembra mancare soprattutto quando bisogna asseverare progetti ostici dal punto di vista urbanistico.
I primi dubbi sono emersi con la procedura che ha autorizzato la ricostruzione dell'ex ristorante Felix a Borgo Isonzo, dove i sospetti non sono mai stati chiariti del tutto: prima che la Forestale dei Carabinieri iniziasse a indagare, era già intervenuta la Polizia Locale per chiedere chiarimenti al Suap, ma gli agenti dell'ente locale da due anni aspettano ancora una risposta dai tecnici del Servizio Attività Produttive. Poi è stata la volta del centro commerciale autorizzato tra via del Lido e via Ferrazza, nel quartiere Q3, dove il cambio dubbio della destinazione d'uso di un'area in origine a strutture turistico ricettive, sostanzialmente alberghi, ha fatto scattare un'inchiesta della Procura ancora aperta.
Come nei casi precedenti, anche per l'ex cinema Giacomini, il Comune ha sposato in toto il progetto presentato dai privati, senza eccepire sull'applicazione alquanto dubbia, o meglio erronea, della legge regionale sulla rigenerazione urbana che i progettisti hanno sfruttato per approntare la realizzazione di un centro culturale polifunzionale sulle ceneri della storica attività ormai dismessa da anni.
Una forzatura assecondata dall'amministrazione comunale proprio attraverso il Servizio Attività Produttive, praticamente scavalcando l'Edilizia Privata che difficilmente avrebbe assecondato quanto proposto dai progettisti. Perché la legge regionale in questione è chiara in materia di riqualificazione delle vecchie sale cinematografiche dismesse, e consente quanto proposto nel progetto in questione, con l'esclusione però dei cinema che si trovano nei centri storici soggetti al Piano Territoriale Paesistico Regionale, come nel caso dell'ex Giacomini.
Senza dimenticare le licenze commerciali autorizzate in luoghi improbabili, di dubbia regolarità edilizia. Ma questa è un'altra storia.