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La storia

«L'Inail non crede alla mia malattia»

Massimo, un odontotecnico pontino si è visto impugnare la sentenza che riconosce il nesso con il tumore

«L'Inail non crede alla mia malattia»

Massimo (il nome è di fantasia) è un malato che per la burocrazia italiana potrebbe essere definito «immaginario». Eppure a guardarlo è un malato vero, un uomo duramente provato dal tumore che lo ha colpito alle fosse nasali. Da nove anni oltre a curarsi ha cercato di avere il riconoscimento della malattia professionale, come attestato dal suo medico e da un perito. Sono state infatti le lavorazioni previste dalla professione di odontotecnico, che svolge da quando aveva venti anni, e l'aver respirato le polveri della procedura necessaria per le protesi a provocare la gravissima malattia che lo sta rendendo invalido. La patologia invalidante era stata riconosciuta dall'Inps, che aveva accordato a Massimo un assegno di 320 euro mensili.

Era il 2015. Dopo un anno e mezzo Massimo ha iniziato l'iter per il riconoscimento della malattia professionale e da quel momento è cominciato anche un altro calvario. «Ho inviato la domanda all'Inail, corredata di tutti i certificati medici che provavano il fatto che avessi respirato cromo, nichel e altre sostanze capaci di scatenare il tipo di tumore che avevo - racconta Massimo - ma l'Inail non mi ha mai chiamato perché fossi visitato. La prima domanda all'Inail l'ho inoltrata a novembre del 2017; la risposta è arrivata dopo 4 mesi, era negativa con rifiuto della visita. Allora ho impugnato e chiesto la visita collegiale. E siamo al 2019. Altro no. Così mi sono rivolto al Tribunale con un ricorso al giudice del lavoro, cui ho allegato tutti i risultati degli esami medici e la perizia che riconosceva l'esistenza di un legame tra le sostanze tossiche con cui sono stato in contatto e il tumore, ossia il mio lavoro era alla base della malattia».

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