I risvolti
03.12.2023 - 12:30
I giudici della terza sezione della Corte di Cassazione hanno annullato la sentenza della Corte d'Appello che aveva confermato la condanna nei confronti di Roberto De Vita, tecnico radiologo di Latina, ritenuto il presunto responsabile del reato di violenza sessuale aggravata su alcune pazienti. I magistrati hanno disposto l'invio degli atti ad una altra sezione della Corte d'Appello di Roma. Gli avvocati Luca Giudetti e Laura Bove, una volta depositate le motivazioni, hanno presentato il ricorso. Erano stati diversi gli elementi su cui aveva puntato la difesa. Nei motivi di Appello, aveva sostenuto che quelle compiute dall'uomo erano manovre appartenenti al repertorio tipico della figura professionale che l'imputato rivestiva. Il consulente della difesa aveva osservato che il tecnico di radiologia è prima di tutto un operatore e che lo svolgimento del proprio compito è anche quello di aiutare il paziente a posizionarsi correttamente di fronte al macchinario deputato all'acquisizione delle immagini e che può compiere le manovre tipiche di un esame obiettivo, finalizzate, all'esatta individuazione delle aree dolorose o di quelle che devono costituire oggetto dell'esame strumentale.
Inoltre tra i motivi con cui la difesa ha cercato di scardinare l'impianto accusatorio, era stato messo in evidenza che: «la sentenza di secondo grado, lascia affiorare un profilo di difetto assoluto in relazione a specifiche doglianze nei motivi di appello». Le parti offese sono alcuni minori e nei confronti dell'uomo era stato ipotizzato anche il reato di esercizio abusivo della professione. Quasi un anno fa i giudici della Corte d'Appello aveva confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Roma Corrado Cappiello in occasione del processo che si era svolto con il rito abbreviato, un giudizio previsto dal codice e che prevede la riduzione di un terzo della pena. In base a quanto sostenuto durante una indagine della Squadra Mobile, a seguito della denuncia presentata nel dicembre del 2020 durante una radiografia, il tecnico radiologo aveva chiesto ad una paziente di spogliarsi per palpeggiarla e secondo le indagini della Polizia avrebbe ripreso alcuni momenti delle visite filmando tutto con un cellulare. L'inchiesta era stata coordinata dal pubblico ministero Antonio Sgarrella e dal Procuratore Aggiunto Carlo Lasperanza e la misura era stata emessa dal giudice per le indagini preliminari Giuseppe Molfese. Una delle ragazze durante una visita - in sede di denuncia - aveva messo in evidenza di aver percepito la sensazione di essere spiata. Adesso la Cassazione ha disposto l'invio degli atti ad una altra sezione della Corte d'Appello.
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